Centazzo e Donà: il progetto cucina e la sostenibilità

Durante il convegno "La Cucina Sostenibile", di Ambiente Cucina - svoltosi il 7 novembre scorso - Gabriele Centazzo e Stefano Donà hanno parlato del tema della sostenibilità rapportato al progetto cucina e del compito dei designer nello sviluppo di prodotti sempre più eco

Per affrontare e approfondire il tema della sostenibilità come fonte di ispirazione del progetto e il tema della durabilità del prodotto cucina, nel corso del convegno "La Cucina Sostenibile", di Ambiente Cucina, sono intervenuti - tra gli altri relatori - l'architetto Giorgio Donà, cofounder dello studio Stefano Boeri Interiors, e il visionario imprenditore Gabriele Centazzo, designer Valcucine. Partiamo con l'intervento dell'architetto Donà, che con lo Studio Stefano Boeri Architetti ha realizzato Oasi, di Aran Cucine, un’isola cucina in cui l’albero centrale è simbolo della vita e delle relazioni che si concentrano attorno ad essa. Seguendo il principio della circolarità, attorno alla cellula free-standing dell'isola man mano si realizzano tutte le fasi di trattamento del cibo, dalla conservazione alla preparazione, fino al consumo e al riciclo.

Convegno "La Cucina Sostenibile" - l'architetto Stefano Donà

La domanda posta anzitutto a Stefano Donà dal direttore di Ambiente Cucina, Raffella Razzano, riguarda il lavoro dei progettisti, "gli artefici di tutto il progetto e quindi del  processo. Lo Studio Boeri è fortemente focalizzato sul tema del rispetto delle risorse e dell’ambiente. Quindi, in un progetto così complesso come la cucina, quali sono gli aspetti di cui di cui tener conto e prevedere il progettista"?

“Sono d’accordo con Luca Nichetto nel dire che  l'utente - e non dico il consumatore -  in qualche maniera deve diventare parte attiva del processo attraverso le sue scelte, attraverso le sue abitudini", dice l'architetto Donà. "Si tratta di un processo che riguarda tutti noi e le nostre scelte. E per la cucina questo processo è tangibile. Riguardo la cucina, con Aran Cucine abbiamo realizzato un progetto aperto; a noi piace fare progetti aperti, capaci di potersi evolversi. Qualche anno fa abbiamo così iniziato con un prototipo che voleva essere una nostra interpretazione al concetto di cucina che per noi non è un prodotto, ma un sistema di prodotti che compongono poi un ambiente. E l’idea di ambiente per noi è centrale, perché tiene insieme una serie di fattori, che sono quelli legati alla quotidianità. Per noi quindi la cucina è quel luogo, quel sistema che si fa collettore di tutte le traiettorie di vita di chi abita in una casa - una famiglia di una coppia, un singolo – e coincide anche con la possibilità di entrare in contatto diretto con le risorse che servono per vivere: con l'energia, con l'acqua ma anche con la trasformazione e la conservazione del cibo, con la produzione di scarti e di rifiuti che a noi piace immaginare come una nuova materia prima, un qualcosa che possa rientrare nel processo”.

Oasi di Aran Cucine, progettata da Stefano Boeri Architetti

"L’attenzione allo spreco deve quindi essere una delle priorità?"

“Si, è una priorità, ed è per questo che dobbiamo cercare di fare anche un po' di cultura, di accompagnare le persone a prendere coscienza su come poter usare le risorse e come usare gli spazi. Oasi rappresenta la volontà di dare centralità al concetto di luogo, di spazio cucina. E’ un monoblocco che diventa crocevia di relazioni, che ha come protagonista una presenza vivente al centro: un albero, una pianta, che diviene quasi un elemento simbolico di questo sistema di relazioni tra noi tra noi e gli oggetti”.

"Quando si progetta una cucina, inevitabilmente ci sono però i cosiddetti paletti…"

Credo in realtà che i paletti siano una risorsa; per noi sono un punto di partenza per poter mettere in discussione una parte del processo e anche noi stessi. Nell'approccio al progetto, cerchiamo sempre di creare una connessione tra le conoscenze e tra le varie discipline. Non è mai solamente una questione di forma, ma è riuscire a mettere insieme tematiche diverse, contenuti di cui magari non siamo neppure conoscitori, discipline totalmente opposte. Si tratta, insomma, di fare ricerca”

"Ma in questo processo, come si pone il concetto l’innovazione? Perché non necessariamente l'innovazione si deve giocare su una nuova proposta, su un nuovo modello, ma forse su un tipo di ricerca che permetta di creare una qualità che dura nel tempo..."

Per noi innovazione è la capacità di fare il sistema, è una combinazione di tanti fattori che possano concorrere a rendere anche bello e unico un oggetto... Prima si parlava di minimizzare l’impiego di materiali: è una delle questioni tecniche capaci di creare un'estetica e di suggerire anche la forma dei prodotti. In generale, di solito noi progettiamo in un modo che riteniamo essere sostenibile, che però per noi è la normalità, è un modo di affrontare le cose".

Gabriele Centazzo: dematerializzazione, durabilità e bellezza

Convegno "La Cucina Sostenibile" - l'architetto Gabriele Centazzo

"Gabriele Centazzo è un imprenditore 'ante litteram' riguardo il tema della sostenibilità in generale e in particolare del prodotto cucina, è stato un grande precursore di questo tema. Già negli anni '90 ha iniziato a ragionare sul progetto cucina con l'obiettivo di preservare le risorse e di ridurre al massimo l'impatto ambientale. Facciamo un po' di storia..."

"Per capire come un matto come me, un industriale, negli anni ottanta abbia cominciato a pensare alle problematiche ambientali, bisogna sapere che in quegli anni c'era una netta divisione tra ambientalisti, da una parte, e gli industriali dall'altra, visti come gli assassini dell'ambiente. Nel mio percorso sono stai importanti tre libri. Il primo libro è del 1972 e parla dei limiti dello sviluppo affermando che non ci può essere un aumento dei consumi all'infinito sul Pianeta Terra. Il secondo libro è il 'Dilemma nucleare, di Carlo Rubbia, e il terzo libro, del 1999, è 'Il capitalismo naturale' di Amory Lovins, Paul Hawken, Hunter L. Lovins, che non solo elenca le problematiche ma propone soluzioni. Intanto, nel 1998, avevo capito che non esiste al mondo un'azienda ecosostenibile al 100%. Anzi ne esiste una sola ed è l'albero; ecco perché noi dobbiamo copiare dalla natura. Ho capito quindi che ci doveva  essere nuovo modo di progettare; volevo compensare le mie emissioni di CO2. Così nel 1998 ho creato un'associazione, Bioforest, ed è la prima associazione ambientalista degli industriali. Coinvolgendo anche altri industriali abbiamo salvato una foresta primaria e piantato più di un milione di alberi. Così posso dire che con la mia azienda, siamo in equilibrio con le missioni di CO2, almeno da un punto di vista morale, perché ancora tutte le varie certificazioni non esistevano ancora. Ma cos'è una foresta primaria? E' una foresta non toccata dall'uomo da migliaia di anni; in questo lungo lasso di tempo, al suo interno la natura ha sviluppato la più grande biodiversità della Terra. Per capirci, in Italia ci sono 280 tipi farfalle; nella foresta primaria ce ne sono 60.000. Dentro di essa vi è quindi  una preziosità unica, che noi stiamo ancora cercando di preservare con Bioforest.

"Nel loro ciclo di vita, anche le cucine hanno una durabilità e una possibilità di essere riciclate"?

"Nel convegno è stato toccato molto bene il tema dell'economia circolare, con cui dobbiamo rapportarci. Poi c'è un altro tema: è quello della dematerializzazione. Per capirlo dobbiamo partire da una riflessione: nel mondo, noi popolazione ricca siamo il 20% che consuma l'80% delle risorse, mentre l'80% della popolazione mondiale consuma il 20% delle risorse della Terra. Si tratta di uno schema  poteva funzionare finché non c'era la globalizzazione, perché ora tutti sanno di avere diritto agli stessi servizi e gli stessi prodotti. Adesso però servirebbero 5 terre. Quindi nei prossimi 10, anni dobbiamo riuscire a creare un prodotto dematerializzandolo. Quando nel 1988 ho iniziato inserire questo processo nel prodotto cucina, ho iniziato dematerializzando l'anta e l'ho trasformata in un elemento tecnico; ho cominciato ad usare una 'pelle' estetica, un pannello sottilissimo, riuscendo a ridurlo fino allo spessore di 2 mm. Nella versione in legno da 2 mm, risparmio il 90% di alberi. Ma oltre alla circolarità, che è indispensabile, e alla dematerializzazione, c'è un l'altro elemento fondamentale: è la lunga durata del prodotto, che è di due tipi: tecnica ed estetica. Perché è un prodotto può diventare obsoleto anche nella estetica, anche se ha ancora buona tenuta dal punto di vista tecnico. Compito dei designer è quindi cercare di capire che esistono elementi al di là delle mode, perché il concetto di 'moda' fa diventare obsoleto un prodotto.

Valcucine: Artematica, disegnata da Centazzo, adotta panelli spessi 2 mm incontrando il concetto di dematerializzazione

"Esistono elementi estetici che siano al di fuori della moda e possano rendere un prodotto più durevole"?

"Noi abbiamo un nemico dell'estetica che si chiama a gravità. Per lavorare contro la gravità, posso inserire elementi estetici che permettono di andare oltre le mode. Uno di questi è  la tensione. L'atro elemento che considero oltre le mode è il concetto del volo e della leggerezza... Perché lo considero al di là della moda? perché su 100 persone che disegnano il concetto di libertà, il 90% sicuramente disegna un volo di uccello, di una mongolfiera, di qualcosa che vola... Il concetto di libertà è la sensazione di leggerezza e di volo, forse per un desiderio inconscio di come umani, ancestrale. Come posso però io inserirlo dentro una cucina? Devo prima partire con concetti filosofici, e poi tradurli materialmente in una proposta estetica. Io ho lavorato moltissimo sul concetto della libertà lavorando sul principio della sospensione. Ad esempio, prima gli zoccoli delle cucine erano da 10 cm; io ho ridotto a 6 cm lo zoccolo, una misura ergonomica, perché sotto i 6 cm non passa la punta della scarpa sotto la base. Poi volevo che questa sensazione di blocco sospeso si percepisse anche lateralmente e quindi ho dovuto creare delle staffe per poter fare rientrare lo zoccolo. Ed ecco che, così, gli zoccoli non li vedi, e vedi solo un elemento che 'vola', ed è un elemento di bellezza".

"Sei imprenditore, industriale e progettista", dice Raffaella Razzano. "I concetti citati fino ad ora a supporto della sostenibilità sono tutti necessari?

Si, sono necessari tutti, si deve andare dall'economia circolare alla dematerializzazione fino alla lunga durata estetica e tecnica. Parlando della dematerializzazione pensiamo a quanto siamo ancora indietro nella produzione delle cucine: produciamo le cucine ancora come decenni fa, accostiamo pannelli di truciolare uniti da bussolotti vengono accostati uno all'altro. Così ogni contenitore ha quindi i suoi fianchi che accostandoli raddoppiano, diventano 18 + 18 mm arrivando a 36 mm di truciolare. Ho creato un sistema in cui i 36 mm di truciolare diventano 10 mm di vetro unito senza colle con un sistema tutto disassemblabile e che quindi, a fine vita, come il Meccano, viene disassemblato e il fianco può essere anche riutilizzato. Se sia ha la conoscenza e la cultura di tutto questo, sicuramente si può progettare in maniera diversa. Io penso che si nelle scuole e nelle Università si insegni e si parli poco di tutto questo, degli elementi che bisognerebbe tener presente nel momento in cui si vuole fare un prodotto a minore impatto ambientale. E non dico un prodotto ecosostenibile, perché non siamo in grado di fare un prodotto come l'albero. Possiamo semmai lavorare con meno impatto ambientale. Nel nostro sistema capitalistico, basato sui consumi all’infinito, abbiamo una possibilità per contrastare lo spreco: trasformare la quantità in bellezza. Prendiamo, ad esempio, i rasoi usa e getta utilizzati da 10 milioni di italiani; se si cambiano una volta al mese, sono 120 milioni di rasoi all'anno. Mettiamo un vita media di 65 anni e fanno così 7 miliardi di rasoi usa e getta. Se li mettessimo in fila indiana, questi rasoi farebbero il giro della terra sulla luna e tornerebbero indietro. Questo non è sostenibile. Quale può essere la soluzione? Il concetto di bellezza. Se tempo il impiegato per fare rasoi usa e getta fosse dedicato a creare a fare un rasoio bello e ben fatto -  e ce lo avevamo già, erano fatti così una volta, erano rasoio dei nonni - saremmo sulla strada giusta. Dobbiamo quindi inserire nei prodotti e nei progetti il concetto bellezza. E l’Italia deve fare bellezza; lo ha capito chi lavora della moda, fatta di prodotti artigianali. Si devono creare sistemi in cui industria e artigiani possano collaborare".

"Esiste oggi una maggiore sensibilità sul tema, nel nostro settore"?

"La sostenibilità, per un negozio di cucine, è una delle ultime voci dopo il prezzo… Il fatto è che manca la cultura della sostenibilità nel nostro Paese, e allora è facile che il consumatore sia preda del marketing, di una finta sostenibilità. Ci i vorrebbe un sistema di misurazione serio  a livello europeo, come per quello che c’è già per gli elettrodomestici. Per la cucina è difficile perchè non è semplice fare un prodotto tecnico-estetico durevole".

"Qual è il tuo messaggio per i giovani e in particolare per i giovani progettisti"?

"Ai giovani designer dico di comprare libri seri e studiare per essere competenti sulla materia e diventare accaniti su questi argomenti. Tutti noi - vecchi e giovani - siamo su un treno che sta andando di corsa verso il burrone... Sulla Terra, ogni secondo 750 tonnellata humus si consumano, ogni giorno milioni di tonnellate di CO2 vengono rilasciate nella atmosfera, ogni anni scompaiono 100 specie di esseri viventi. I giovani devono scendere da questo 'treno' e cominciare a costruire un ponte. Io che son vecchio ho il vantaggio di poter scender prima. Loro devono prendere il comando del terno, scendere in politica e non lasciare a noi il comando, perché hanno il compito di cambiare il paradigma. E per cambiare e non esser vittima del marketing, che porta a comprare cose che non servono. Bisogna trovare altre forme di felicità: l’amore e la simbiosi con l’universo che riporta al concetto del rispetto dell’ambiente. Bisogna ricercare la bellezza".