La ripresa secondo FederlegnoArredo

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Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo fa il punto di un settore che rischia di perdere il 20% del fatturato e 60mila posti di lavoro nonostante il comparto si sia attrezzato per recuperare il terreno perduto

«Con uno scenario globale completamente mutato a causa della pandemia, sono tanti gli interrogativi sul futuro. Siamo, probabilmente, di fronte a una ‘nuova normalità’ e dobbiamo ancora capire con quali strumenti affrontarla. Dobbiamo provare a guardare al futuro con ottimismo e coraggio. A mio avviso, il design giocherà comunque un ruolo importante nel ridefinire gli ambienti del futuro. La sfida del nostro settore, ora, è quella di intercettare o addirittura influenzare, attraverso la collaborazione di designer e architetti e imprenditori le nuove esigenze. Mai come in questo periodo l’ambiente domestico ha rivelato tutta la propria importanza. Il legno-arredo, vanto del Made in Italy nel mondo, è pronto a riprendersi lo spazio che merita».

Grande fierezza nelle parole di Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo, con cui abbiamo analizzato la situazione attuale del comparto oltre alle prospettive.

Quali danni ha subìto la filiera a causa del blocco dovuto al Coronavirus?
La pandemia ha messo in ginocchio l’economia italiana e quella mondiale. Tutti gli indicatori, purtroppo, lo confermano. Non abbiamo ancora numeri definitivi, perché questa crisi è come una palla di neve lungo il crinale di una montagna. Solo una volta a valle, mostrerà la sua vera forza e potenza. Gli impatti economici del Covid-19 sulla nostra filiera, benché diversificati nel valore per settore, sono ovviamente negativi. Il nostro Centro Studi ha effettuato delle simulazioni da qui alla fine dell’anno: considerando che ci vengono a mancare parte di mercati strategici quali Francia, Germania, Cina (che valeva il 6% del nostro export), Russia (il 3%) e Stati Uniti che erano i nostri migliori clienti al di fuori dell’UE, il rischio è di perdere circa il 20% del fatturato, cioè circa 8 miliardi. E per ogni miliardo perso svaniscono 8mila posti di lavoro, per un totale stimato di 60mila.

Come valuta le misure previste dal decreto imprese del Governo?
Il danno di cui stiamo parlando purtroppo va ben al di là del puro dato numerico. Un altro elemento negativo che il Governo non deve sottovalutare è che molte aziende, soprattutto le piccole, stanno perdendo fondamentali professionalità costruite faticosamente nel tempo e sulle quali la nostra filiera si regge. Un esempio: i nostri artigiani sono in grado di realizzare il prototipo di un oggetto dal disegno di un architetto o designer in pochi giorni, i nostri competitor ci mettono molto più tempo. Non possiamo permetterci di perdere nessun anello della nostra filiera e il decreto liquidità non sta andando certo in questa direzione. Abbiamo bisogno di soldi veri e immediati, ma stentano ad arrivare per procedure farraginose. L’impianto delle misure previste dal Governo tutto sommato sarebbe buono, ma la loro inapplicabilità è lampante.

E la cassa integrazione?
Ci sono stati ritardi inaccettabili, e dove non ci sono stati è perché gli imprenditori l’hanno anticipata per non mettere in difficoltà i loro dipendenti. Inoltre lo Stato si fa garante per il 90% dei finanziamenti con garanzie che ci fa pagare con costi molto elevati, ma nonostante questo l’accesso al debito è troppo lento e ora più che mai serve semplificare. Per non parlare delle scadenze fiscali, inizialmente rimandate di soli pochi giorni. Lo Stato ci chiede di pagare le tasse su fatturati che non facciamo, senza considerare che nell’anticipo dell’anno scorso abbiamo già pagato su un ipotetico fatturato 2020 che non faremo mai.

Anche il settore degli allestitori è stato duramente colpito: quale la situazione attuale e quali le possibili misure da adottare?
È un comparto rappresentato in FederlegnoArredo dall’associazione Asal Assoallestimenti, fatto di architetti, designer, falegnami, elettricisti, tecnici, fabbri, scultori, decoratori, grafici, stampatori, montatori, magazzinieri, trasportatori, che si trova a fatturato zero e purtroppo potrebbe essere anche l’ultimo a ripartire, perché la loro attività è legata alla ripartenza degli eventi e quindi alla possibilità di fare assembramenti. Sono in ballo 120mila posti di lavoro e un settore che fattura 2 miliardi di euro l’anno. Non è pensabile che per loro il Governo pensi a complicati meccanismi di prestiti, serve liquidità immediata tramite aiuti a fondo perduto. Con un 80% di fatturato in meno previsto nel 2020 i prestiti non servono. Mantenere alta l’attenzione è fondamentale affinché anche le aziende che oggi sono tornate operative domani possano far vedere al mondo intero le loro produzioni. Non dimentichiamo che l’Italia è la sesta nazione al mondo per impatto economico generato dal business event.

Come avete supportato i vostri associati in questo periodo?
Sin dal primo giorno di emergenza abbiamo attivato uno sportello ad hoc e un numero operativo di supporto per raccogliere tutti i dubbi e le necessità degli associati, per affrontare questa sfida che molto spesso è anche burocratica. Abbiamo inoltre attivato una newsletter quotidiana (“Task Force Legno Arredo Coronavirus”) con una serie di informazioni e link utili, suddivisi per aree di interesse, con documenti e strumenti elaborati dai nostri uffici preposti. Abbiamo organizzato tutta una serie di webinar per aggiornare i nostri associati anche sulle questioni legali, sulla sicurezza, sulla circolazione delle merci. Noi imprenditori siamo abituati a fare cose reali e abbiamo bisogno di soluzioni reali e concrete. Ai nostri associati abbiamo dato questo: risposte tempestive e concrete 7 giorni su 7. Oltre a un’attività di raccordo e confronto con le istituzioni per fare sentire la voce del nostro settore: la riapertura del 27 aprile per le aziende strategiche del Made in Italy e quella del 4 maggio sono sicuramente figlie di questo pressing.

Con la riapertura, la filiera riuscirà a garantire sicurezza ai dipendenti?
Le aziende della filiera sono già attrezzate con rigorosi strumenti e protocolli e sono ben più sicure di altri luoghi
dove le attività sono state consentite, anche grazie allo specifico modello di ciclo produttivo, che necessita di vaste superfici. Il settore nei giorni dell’isolamento ha visto perdere posizioni a scapito di Paesi competitor rimasti aperti e ha anche messo le premesse per rendere più efficienti i sistemi. Nei giorni di lockdown molte aziende ne hanno approfittato per ottimizzare i processi interni. Le aziende si sono fatte trovare preparate con i protocolli e un’organizzazione del lavoro che prevede turni in fabbrica prolungati e scaglionati, per garantire la sicurezza, e la prosecuzione in smart working per le attività amministrative, commerciali e di marketing, che in queste settimane non si erano comunque mai fermate. Accompagnano la riapertura nuovi protocolli per la sicurezza, ma soprattutto una manifesta volontà di fare e rimettersi in gioco. L’obiettivo ora è recuperare terreno, con l’obbligo di pensare al futuro, e in caso si dovesse riproporre il contagio, non possiamo più permetterci di chiudere.

Come sta andando la produzione? E l’export riprende?
Dobbiamo correre, perseguire tutte le strade possibili. Accelerare si fa ancora più urgente, a fronte dei numeri rilasciati recentemente dal Centro Studi di Confindustria, che indicano un calo della produzione industriale del 50% tra marzo e aprile che si traduce in una variazione acquisita nel secondo trimestre del -40%. Per i prossimi mesi, le stime dicono che la modesta ripresa della domanda non compenserà in nessun modo il crollo e serviranno anche misure che tentino di rimettere in moto i consumi interni, a partire dal bonus mobili.