Alla preoccupazione per l’andamento economico (globale e del settore) e all’amarezza per il fatto di essere stati lasciati al palo, nonostante le richieste di ripartenza, si contrappone una fortissima voglia di rimettersi in gioco e la speranza che la nuova “normalità”, fatta di un modo diverso di interpretare e vivere la casa, porti opportunità.
Queste le considerazioni di Mauro Mamoli, presidente di Federmobili, nell’analizzare la situazione del suo comparto.
Quali sono state a oggi le conseguenze del lockdown sul comparto del retail d’arredo?
Al momento non disponiamo di dati precisi e puntuali. In una elaborazione dell’ufficio studi di Confcommercio dell’8 aprile si prevedeva - in una macro voce mobili, elettrodomestici e manutenzione della casa - una contrazione di più del 7% su base annua, ipotizzando una ripartenza del mercato a pieno regime da settembre. Crediamo che il bilancio a fine anno, anche per come sono cambiati gli scenari in questi ulteriori 40 giorni, sarà decisamente più negativo. La raccolta di informazioni sulla distribuzione è sempre stata un problema. Anche come Federazione abbiamo provato molte volte a richiedere dati agli associati, in forma anonima e con trattamento di numeri aggregati, ma abbiamo sempre riscontrato molte difficoltà. In questa fase di lockdown abbiamo lanciato un sondaggio e speriamo che la risposta sia massiccia, magari questa emergenza servirà anche a sensibilizzare la distribuzione sul fatto che se i dati non arrivano dal mercato e dagli operatori diventerà difficile, quando si cercano (e richiedono) averli.
Come valuta le misure per il settore nel decreto Cura Italia?
Come mi è già capitato di dire, le misure specifiche per il settore sono inesistenti, pur avendo tentato e fatto di tutto per accelerare la riapertura dei punti vendita, le risposte non sono arrivate. Una riapertura che avrebbe consentito prima di tutto di svuotare i magazzini e dare un po’ di respiro alle finanze degli imprenditori. Oltre a non aver sentito le ragioni che abbiamo esposto ripetutamente, Governo e Ministeri hanno, giustamente, permesso la riapertura dell’industria del mobile, ma continuato a bloccare per Decreto il commercio al dettaglio di arredamento.
Tra le proposte avanzate si segnalano il Piano Bridge e Bridge Plus: quali sono le misure suggerite per mantenere i livelli occupazionali e ottemperare agli obblighi di pagamento?
Tra le proposte c’erano richieste di contributi a fondo perduto da affiancare a credito con tassi calmierati o addirittura a zero. Prendiamo atto che, dalle bozze in nostro possesso del prossimo decreto Ripresa, si fa cenno a contributi a fondo perduto, ma speriamo che venga attuato con tempi più brevi e regole più chiare rispetto a quanto è stato fatto (o non fatto, dipende dai punti di vista) dopo il Decreto Legge Cura Italia.
Che risposta state avendo dal Governo sul piano dell’iniezione di liquidità, da un lato, e dell’incentivazione ai consumi, dall’altro?
Continuiamo a fare pressioni, con l’aiuto di Confcommercio, con richieste di semplificazione delle procedure per l’accesso ai finanziamenti con garanzie dello stato e parallelamente stiamo verificando se è possibile intervenire sul Bonus Mobili ampliando sia il plafond delle spese agevolabili che il pubblico beneficiario, svincolandolo almeno parzialmente dalle ristrutturazioni.
La riapertura delle attività è arrivata ben più tardi di quello che avreste voluto: quali tempistiche di ripresa prevede? Quale scenario da qui a fine anno?
Difficile fare previsioni. I fattori in gioco sono veramente molteplici: potere di acquisto degli Italiani dopo questa emergenza; tenuta del livello occupazionale; tenuta del mondo imprenditoriale; capacità di reazione alle difficoltà; ecc. Volendo guardare con ottimismo al futuro, per i negozi di arredamento potrebbe esserci anche una ripresa dei consumi spinta dalla voglia di cambiare e rinnovare i mobili. Le case degli Italiani sono state vissute più che in qualsiasi altro periodo recente. In questa quarantena forzata “ai domiciliari” i mobili sono stati usati, guardati, consumati, vissuti: può essere stata un’occasione per valutare quali cambiamenti fare, quali migliorie apportare agli ambienti domestici, c’è stato del tempo per valutare che qualche arredo ha bisogno di essere sostituito. Oltre a questo, volendo guardare con positività alla prossima parte dell’anno, non sottovaluterei i cambiamenti in ambito sociale/ lavorativo che la formula del lavoro a distanza ha portato. Credo che l’esperienza dello smartworking non cesserà con la fine dell’emergenza. È probabile che molte aziende e molti dipendenti preferiranno proseguire con questa modalità di lavoro, quindi anche le abitazioni avranno bisogno di una revisione degli spazi o degli arredi - o di entrambi - per rendere più agevole e comodo un “angolo ufficio” casalingo.
Considerando l’intera filiera avete ribadito che nessuna azienda può fare da banca a un’altra azienda: come sono i rapporti con i produttori al momento?
Sono decisamente molto collaborativi, sia per le iniziative intraprese insieme dalle nostre Federazioni sia per i rapporti con le singole industrie. Alcune di queste ultime hanno coinvolto Federmobili, e me personalmente, in webinar con i propri rivenditori: incontri virtuali, volti ad aiutare la rete distributiva a recuperare le informazioni per affrontare il momento e sfruttare tutte le possibilità di operare che i vari DPCM, pur nelle loro restrizioni, consentivano a un imprenditore con un negozio di mobili. Speriamo che queste esperienze, istituzionali e non, possano proseguire e rafforzarsi per tutto il 2020 e negli anni a venire, in modo da arrivare, finalmente e stabilmente, a un’idea di filiera che comprenda pariteticamente tutti gli attori che fanno parte di questo grande cast.