Il mercato giapponese rappresenta, anche per le aziende che vi lavorano, un arcano. O nel migliore dei casi, qualcosa di particolarmente difficile da decifrare e analizzare. Chi volesse, per esempio, conoscere la domanda di mobili per cucina, le tipologie più vendute, i numeri dell'export e dell'import, cioè le informazioni utili per un eventuale debutto sul mercato, incontra straordinarie difficoltà burocratiche. E i dati reperibili on line sono vecchi.
Queste che siamo comunque riusciti a ottenere non sono semplici statistiche, ma analisi economiche, antropologiche e di scenario, essendo questo mercato il ritratto di un'integrazione di fattori di raffinatissima cultura. Molto sfuggenti, abbastanza imprevedibili, anche perché - come sottolinea Kazuo Inumaru, studioso e docente che ci ha aiutato in questa ricostruzione - i giapponesi sono veri e propri trend setter in molti settori. Per di più sono high spender. Quindi di gusti e scelte imprevedibili. Tra Italia e Giappone c'è una profonda analogia di sviluppo storico-culturale, fatta di complessità e diversità introvabili in altre civiltà. Moda, design, cultura urbana, patrimonio culturale: ambedue i paesi vantano primati mondiali, tra cui anche quello dell'età media più alta, e di una tradizione gastronomica raffinata e importante, reciprocamente apprezzata; per l'Italia quella giapponese è la cucina più amata e per il Giappone viceversa è quella italiana.
La cucina del progetto Irori
Firmato dall'architetto giapponese Kengo Kuma, realizzato in collaborazione con Kitchen House e Fjm Design, il progetto Irori è stato installato durante la Milano Design Week 2015 nel cortile dell'Università Statale di Milano, nell'ambito di Energy For Creativity, l'evento di Interni. Un suggestivo tunnel-origami, realizzato con 1.500 metri di carta pressata, sviluppatosi in 80 archi sospesi nel vuoto, ospita una cucina che sintetizza in maniera originale il connubio fra tradizione e innovazione dell'architettura e del design del Sol Levante.
La cucina Irori, che è anche il nome del tradizionale focolare incastrato nella stanza del tatami con la doppia funzione di fornello e riscaldamento, comprende anche una tavola occidentale arredata con stoviglie e bacchette alla nipponica, in un raffinato incrocio di culture, estetiche e stili di vita.
PIL e popolazione urbana in aumento
"Il mercato giapponese dell'arredamento - dichiara Inumaru - ha superato di recente i 22 miliardi di euro, le importazioni di mobili sono salite del 8% circa nel 2013 e nel 2014, rispetto ai 420 miliardi di yen del 2012, e vedono il primato della Cina in quantità, ma l'Italia è il primo paese europeo ed è in forte crescita come numero e come valore".
Per quanto riguarda l'export delle cucine italiane in Giappone, si tratta del segmento più modesto (654 milioni di euro nel 2014), ma è quello che secondo gli esperti dovrebbe crescere di più soprattutto per la popolazione urbana degli "apparts" (appartamenti), di layout occidentale. E grazie anche al successo di Expo 2015 che ha dato risalto al nostro stile di vita. Non casualmente Molteni sta aprendo showroom Dada in Giappone con un tempismo probabilmente felice, anche perché il Cabinet Office segnala che, dopo stagnazione e crisi, il Pil del primo trimestre è salito più del previsto, il 4% anziché il 2,4% e quando crescono i consumi, i consumatori urbani amano regalarsi design e tecnologie.
Spazi piccoli, risparmio energetico e Internet delle Cose
Che cosa significa "cucina" per una famiglia giapponese? "Daidokoro significa innanzitutto il luogo dove si prepara il cibo - risponde Inumaru - e nella casa individuale (ville e villette) è aperto sulla sala da pranzo o chanoma (spazio del tatami o parquet); il tavolo alto fa parte dell'arredamento del pranzo, quello basso è riservato alla cucina". Va tenuto presente che sia nelle ville sia negli apparts non esistono muri, ma pannelli di vetro e carta di riso per dividere e creare funzioni e privacy e per avere una flessibilità necessaria, visto che gli spazi abitativi sono molto più ridotti - mediamente - di quelli occidentali.
Lo spazio è un lusso e le cucine per il mercato giapponese devono tener conto di questa imprescindibile esigenza.
La tecnologia fa parte strettamente della vita dei giapponesi, non solo di quelli giovani; ne deriva che, per conquistare i clienti soprattutto di fascia alta, i mobili per cucina devono esprimere innovazione, cura quasi maniacale dei dettagli ed elevati contenuti formali. Tutto deve essere connesso, questo è il paese dove l'IoT (Internet of Things, Internet delle cose) è molto avanti e dove la quota maggioritaria di persone anziane e molto anziane richiede ambienti, mobili e oggetti smart, collegabili, controllabili a distanza, facilmente utilizzabili.
Il taglio dei consumi energetici e il rispetto dell'ambiente devono far parte di default di qualsiasi prodotto si voglia vendere: l'edilizia recente e quella nuova hanno consumi vicino allo zero e gli elettrodomestici, che vengono messi in vendita addirittura con la data di fine vita, sono tutti in classi energetiche molto simili a quelle europee. Per alcune categorie di apparecchi il governo ha stabilito parametri severi di consumi e viene fortemente favorita la vendita dei Top Runner, quei prodotti che hanno il massimo del risparmio energetico. All'opposto, durante i freddi inverni giapponesi, viene ancora usato il classico tavolo basso riscaldato e coperto di un tessuto pesante che lo isola e che tiene in caldo commensali e cibi grazie a un elemento riscaldante. Gli stessi sistemi di cottura vedono coesistere il piano a induzione e il grande fuoco a gas.
Ma c'è un fattore ancora più decisivo ai fini di un'affermazione commerciale: il servizio, che contribuisce in modo decisivo alla rispettabilità del brand e alla credibilità dell'azienda.
E questi due principi sono assolutamente irrinunciabili. Per non averne tenuto conto due multinazionali, McDonald e Citibank, hanno visto crollare le vendite per aver tradito con frodi e menzogne la fiducia dei clienti. Citibank ha dovuto abbandonare il Paese e e Mc Donald versa in una profonda crisi.
Tradizione, innovazione tecnologica e qualità manifatturiera
Senza design e senza innovazione tecnologica è difficile che un prodotto riesca ad avere successo presso il retail e gli utenti. Il Giappone è diviso tra le tradizioni tuttora solidamente presenti nelle aree non urbane e la fortissima richiesta di novità e di prodotti di fascia molto alta delle città, tra le esigenze della popolazione anziana e quella giovane molto trend setter. L'esempio forse più emblematico è proprio il tavolo basso riscaldante, il katatsu, intorno al quale non solo si consumano spuntini e thè, ma si conversa, si studia, si legge. Un tempo era il risultato di un'ebanisteria sapiente di prezzo e livello elevati. Oggi il 90% del milione di katatsu venduti ogni anno, provengono dalla Cina; si tratta in realtà di elettrodomestici piuttosto sciatti, con un piano nel quale è incassato l'elemento riscaldante, di legno di scarto o di imballaggio. Il futon copre questo non eccelso apparecchio in modo da conservare e distribuire pian piano il calore che si crea.
Molti consumatori cominciano a rifiutare la banale bruttezza di un manufatto cinese che è un simbolo decisamente inadeguato di quello che il tradizionale tavolo basso è sempre stato: il cuore della cucina e della casa. Questa reazione di recupero della antica sapienza artigianale giapponese si sta diffondendo velocemente. Per tutto ciò che, come il made in Italy, rispecchia e rivaluta la tradizionale qualità manufatturiera, e al tempo stesso, rappresenta un forte segnale distintivo: esiste dunque un mercato in Giappone sempre più ampio, culturalmente pronto e con ottime disponibilità economiche.