Strategie per il mercato globale

Sullo scacchiere del mercato globale le aziende italiane del settore arredo possono giocare una partita straordinaria.

I timidi segnali di ripresa del settore arredo sul mercato interno, basati più sul sentiment positivo che su dati di vendite in rialzo, invertono per la prima volta una tendenza iniziata nel 2009 che è costata all'intero comparto una perdita del 34% in valore. Nello stesso periodo di tempo, l'export del settore registra un +16% per un ammontare totale di 11.057 milioni di euro, ma il delta di crescita corrisponde a 1.565 milioni. Un valore che non compensa i 4.752 milioni persi sul mercato nazionale, che oggi ne vale 9.314 (dati consolidati 2014,ndr).

Il quadro, elaborato su dati del Centro Studi Federlegno Arredo Eventi, è stato evidenziato dalla ricerca Pambianco presentata a nel corso del convegno organizzato il 9 luglio scorso. Il titolo programmatico dell'incontro, "Quali strategie per vincere le sfide del mercato globale", è stato di per sé già una chiara indicazione di come le imprese italiane soggette a un ridimensionamento così importante del proprio mercato interno, ampliato anche dalla crescita della GDO, possano crescere guardando oltre confine.

Ad oggi, il primo mercato di destinazione del nostro export è l'area euro, che vale il 40% del totale delle esportazioni ma non cresce (-3%), mentre i Paesi in cui il nostro export aumenta più velocemente sono oggi ancora poco significativi per i volumi (Cina, Arabia Saudita, Qatar). Fanno eccezione Usa e Svizzera, che sono rilevanti come peso e crescono, e la Russia, che però ha rallentato lo sviluppo negli ultimi anni.

Esportazioni Italiane per Paesi di destinazione nel periodo Gennaio-Dicembre 2014
Esportazioni Italiane per Paesi di destinazione nel periodo Gennaio-Dicembre 2014

Se guardiamo allo specifico delle aziende di cucine, il settore registra nel 2014 un totale export pari a 638 milioni di euro con una crescita del 1,4 sul 2013 e un rapporto tra export/fatturato che si assesta al 42,3%, il dato più alto dal 2008, mentre sul mercato interno si stima una perdita - sempre dal 2008 - di un terzo delle unità prodotte.

Ancora una volta, un export positivo non compensa le perdite interne e quindi risulta chiaro come la conquista dei nuovi mercati e il consolidamento di quelli già presidiati necessitino di nuove strategie. Se la ricetta per tutti non esiste, emergono sicuramente delle direzioni strategiche che segnano le possibili strade. Intanto, sempre dalla ricerca Pambianco, si rileva come le aziende che hanno dimensioni più importanti e che si posizionano nelle fasce alte del mercato siano anche quelle che registrano migliori performance. Un dato intuibile, che in questo caso però è supportato da un'analisi comparata dei bilanci degli ultimi 3 anni di 233 aziende.

Riferendosi al 2013, l'incidenza dell'export delle aziende fino a 50 milioni di fatturato è del 51% mentre quella delle aziende over 50 mln è del 60%. Se invece prendiamo come parametro la fascia di mercato, in quella media si registra una incidenza dell'export del 52%, e in quella alta del 66%.

Valcucine e Driade, la potenza del racconto

Il primo semestre 2015 ha visto la nascita di due operazioni importanti che hanno coinvolto due tra le aziende di cucine italiane più importanti. La prima in ordine cronologico è stata l'acquisizione di Valcucine da parte di Italian Creation Group (ICG), holding industriale italiana, creata nel 2013 da Stefano Core e Giovanni Perissinotto, che aveva già acquisito lo storico brand Driade. Una duplice sfida nata dalla passione imprenditoriale di entrambi i soci e dalla convinzione che «in Italia esistano perle nascoste che vanno cercate e messe in luce - come commenta Stefano Core -. Realtà imprenditoriali come Valcucine, che hanno all'interno contenuti elevati e competenze incredibili, vanno raccontate al mondo. Oggi non basta più saper fare, bisogna "far sapere", senza mai sacrificare il dna delle aziende. Per questo è stato importante far rientrare in azienda Gabriele Centazzo che ne è l'anima e che infonde energia e passione. Da parte nostra affronteremo i mercati internazionali con differenti logiche rispetto al passato e attraverso una distribuzione più potente, anche grazie alle possibili sinergie con Driade. E la nostra ricerca non è finita, perché vogliamo offrire al mondo una collezione di home design che esprima al meglio il gusto italiano. La logica della complementarietà ci guiderà nella scelta. Dalla crisi nascono quindi nuove opportunità e noi vogliamo mettere a disposizione le nostre competenze manageriali per dare ossigeno e respiro internazionale allo stile di vita italiano, che rimane uno degli asset fondamentali del paese».

genius loci valcucine vasi vetro driade
Genius Loci è l'ultima novità proposta da Gabriele Centazzo per Valcucine e racconta il suo mood anche attraverso le collezioni di vasi in vetro firmati Driade.

Una missione che passa anche attraverso un presidio delle aree più interessanti. «Già nel 2014 ICG ha fondato la filiale americana con base a New York che si occupa per le Americhe della distribuzione e del posizionamento dei brand acquisiti, mentre entro il 2015 vorremmo essere presenti a Singapore e stiamo valutando aperture in Cina e in Giappone. Intanto per Europa, Russia e Middle East abbiamo selezionato un direttore commerciale dedicato». L'acceleratore sulla comunicazione dell'eccellenza rappresentata dai due brand si esprime anche attraverso operazioni di branding come quella che vede una cucina Valcucine installata in una delle aree più prestigiose di Expo Milano 2015. Stiamo parlando di Identità Expo, lo spazio dedicato agli chef più famosi, italiani e stranieri, che si avvicendano ogni settimana proponendo menù degustazione di altissimo livello. «Un'operazione che ci sta portando una visibilità importante in un contesto che ancora una volta sottolinea l'unicità di Valcucine. La più grande soddisfazione nasce anche dall'interesse che stanno manifestando proprio gli chef più famosi nei confronti della nostra proposta. Per quanto riguarda Driade, invece, abbiamo voluto interpretare la visione del direttore artistico David Chipperfield fotografando alcuni pezzi della collezione nelle cave Arcari e Cengelle, sui colli Berici, di proprietà del laboratorio Morseletto. Un modo inusuale di esprimere la forza di un brand in una "griglia aperta" e non in un catalogo tradizionale. Dobbiamo creare emozioni attorno ai brand con le logiche di esclusività che la moda cavalca da tempo. La ricerca sul prodotto resta fondamentale ma non può essere tutto. All'ultimo Salone di Milano sono stati presentati 8.000 articoli nuovi, non possiamo pensare di puntare solo sulle novità!».

Boffi e De Padova, alleanza per un target comune

La seconda operazione importante che ha contraddistinto il primo semestre del settore è stata l'alleanza strategica tra Boffi e De Padova contraddistinta da un sapiente scambio di azioni: Boffi è entrato al 100% nel capitale di De Padova e Luca De Padova ha acquisito il 7,5% delle quote azionarie di Boffi, diventandone il secondo maggior azionista. «Ci tengo a sottolineare il termine alleanza, perché vogliamo che le due società restino indipendenti per preservare le identità di due marchi con grande carisma e personalità. Entrambi hanno una storia importante, pur avendo tipologie produttive e strutture industriali molto diverse - asserisce con convinzione Roberto Gavazzi, amministratore delegato di ambedue -. Boffi è un'azienda di sistemi, fortemente industrializzata, De Padova è una azienda che lavora con una consolidata rete di fornitori per editare pezzi singoli. Due storie diverse e un futuro da costruire anche insieme puntando soprattutto all'estero e su un target comune che riconosce in uno stile nato per la borghesia milanese un linguaggio di gusto internazionale. Un gusto sofisticato ma non minimalista, confortevole e accogliente. Con l'obiettivo di coordinarli ma non di mescolarli, per entrambi i brand si potranno anche effettuare operazioni commerciali condivise».

In questo senso Gavazzi è molto aperto a valutare di volta in volta le opportunità che nascono dalla distribuzione, senza imporre dogmi. «Potranno esserci situazioni in cui i due brand convivono e altre in cui procedono separati. Sicuramente la combinazione dei due è vincente perché, come abbiamo già detto, sono complementari e si rivolgono a una stessa area di gusto. Sceglieremo quelli che crederanno di più in noi con investimenti in spazi e persone».

Intanto è di prossima apertura il nuovo showroom milanese di Santa Cecilia, una via che ha significato molto per Boffi e che li ospiterà nella ex sede di Dolce&Gabbana, un loft molto affascinante che corrisponde a un concetto nuovo di distribuzione per i marchi di alta gamma, dove la logica non è la vendita di un singolo pezzo ma quella di proporre un progetto per tutta la casa che corrisponde a uno stile di vita. «Lo spazio di Santa Cecilia non ha vetrine su strada, è un luogo appartato ed esclusivo, che va cercato. Crediamo che nel mondo, soprattutto nelle grandi capitali, sia questa la formula giusta, che ha già premiato realtà importanti milanesi come lo spazio Rossana Orlandi. Nel decennio futuro prevedo che ci saranno sempre meno vetrine e sempre più luoghi dove le persone possano trovarsi e ritrovarsi, legati da un senso di appartenenza. È chiaro che bisogna lavorare sulle relazioni, sul passa parola e offrire un altissimo livello di progettazione».

Per Roberto Gavazzi è giusto immaginare che nelle grandi capitali del mondo dove Boffi ha già una presenza diretta sarà più semplice portare De Padova, anche se in alcuni casi è previsto un passaggio graduale perché esistono accordi pre-esistenti con altre aziende. Le priorità saranno date ad Inghilterra, Francia, Germania. Entro il 2015, invece saranno aperti due nuovi store a Shanghai e Pechino, dove la presenza sarà sicuramente congiunta. «Grazie a queste operazioni siamo sicuri che per De Padova ci sarà un veloce aumento di fatturato che, ricordo, nel 2014 si era assestato su 7 milioni di euro, i cui il 30% rappresentato dall'export. L'obiettivo è di riallineare la quota a quella dei competitor, che è di circa il 70%. La forza sui mercati internazionali che possiamo mettere in campo è quella di Boffi, che nel 2014 ha fatturato 65 milioni di euro, esportando più dell'80%. L'ambizione, dunque, è quella di rilanciare e nello stesso tempo proteggere un marchio in cui crediamo tantissimo e per farlo vogliamo mantenere integro lo spirito di un squadra di persone che lavora da tempo insieme, in un confronto costruttivo e senza alcune intento di "boffizzare" De Padova».

Una volontà che è già in essere con il progetto del negozio di via Santa Cecilia, che segue le linee guida di Piero Lissoni ma che è stato ampiamente condiviso con Luca de Padova e la sua squadra. «Anche sullo sviluppo delle novità si lavorerà in team. È importante mettere insieme tante teste per trovare formule vincenti che devono tenere conto delle tendenze dell'abitare, pur mantenendo sempre integra la propria identità e riconoscibilità. Questa per entrambi i brand è una delle sfide più grandi e appassionanti».

Progettare i flagship store

Parlando di progetto, entra in campo a pieno titolo, nelle strategie di internazionalizzazione delle aziende italiane di design, chi da sempre è impegnato a raccontare il made in Italy più autentico e riconosciuto attraverso il lay out e l'immagine coordinata degli showroom, in Italia e nel mondo. In particolare è dagli anni '80 che l'architetto Gianfranco Bestetti, meglio noto come Kikko Bestetti, progetta e cura l'immagine dei negozi world wide appartenenti ai migliori brand italiani del settore arredo, esordendo prima con B&B Italia, poi con Boffi - di cui diventa responsabile marketing, nel 1995 - e con Molteni&C, Dada e Citterio, per i quali è art director dal 2012. A questi si sommano, negli ultimi anni, diversi altri nomi del design e della moda, marchi di portata internazionale tra cui Paola Lenti, Fiat Auto, Baxter, Poliform, MDF Italia, Sundek. E sono proprio i punti vendita, ma soprattutto i flaghip store, l'avamposto per la diffusione del made in Italy nel mondo.

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L'appartamento di via Solferino a Milano, situato sopra lo Spazio Boffi, ospita al suo interno alcune delle creazioni più significative di De Padova. Foto: Tommaso Sartori

«Per le aziende italiane il ruolo del flagship store all'estero è di fondamentale importanza non solo perché il negozio, di per sé, rende tangibile la qualità dei prodotti - spiega l'architetto Bestetti - ma perché permette anche di avere un feedback diretto da parte dei diversi cluster di consumatori del mondo. Il che consente, a noi che ci occupiamo del progetto, di raccogliere informazioni e dati sui gusti e sulle necessità espresse dalle varie culture, mettendoci in condizione di lavorare in modo puntuale e personalizzato per ogni singolo showroom e di poter declinare lo stile e il mood del futuro negozio in base al genius loci. Per fare un esempio, una società di real estate, in India, ci ha di recente commissionato il progetto di una realizzazione contract, con appartamenti di tre diverse tipologie; io ho tradotto il brief di progetto, compresi stile e colori degli arredi, secondo la mia sensibilità, ma dopo aver incontrato i clienti ho dovuto necessariamente modificare i dettagli cromatici e adottare le tonalità accese e brillanti tipiche indiane. Quindi, sì al gusto italiano, quando dobbiamo progettare uno showroom, oppure una residenza o uno spazio di lavoro, ma che sia sempre rispettoso della cultura e delle tradizioni locali».

E così che negli showroom progettati dallo Studio Bestetti, i valori del rispetto e della salvaguardia delle diverse culture dell'abitare si mixano allo spirito e all'inconfondibile gusto che identifica la tradizione abitativa nostrana. Ne sono testimonianza gli store di Molteni&C e Dada a Singapore, Tokyo, Milano, Londra e Mexico City; di Baxter, a Milano, nell'ex sede del cinema President; di Paola Lenti a Milano, New York, Los Angeles e Sidney. C'è però un elemento in più, una precisa cifra stilistica che contraddistingue il fare architettonico di Kikko Bestetti: l'eleganza come risultato di un calibrato uso di toni e materiali soft, di linee e volumi puri.

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La sofisticata immagine coordinata dello spazio Molteni Dada a New York, progettata dall'architetto Kikko Bestetti che dal 2012 è art director dell'azienda.

«In quanto italiani, sappiamo lavorare sul buon gusto, sull'equilibrio tra materiali e colori - dice Bestetti -. In ogni caso a me piace proporre una architettura "silenziosa", che oltrepassa le epoche e le mode, fondata sulla sottrazione e sulla misura. Che, nel progetto degli showroom, significa anzitutto saper adottare finiture d'ambiente dalle nuance neutre e coordinate tra loro, e lavorare sulla luce, che "mette a fuoco" i volumi. L'obiettivo è creare un contenitore neutro, per cui tutto quello che è posto al suo interno prende valore. E che, in questo modo, diventa facilmente customizzabile e aggiornabile nel tempo».