Per il Gruppo Turi la fase 2 è incompleta

Vito Turi, presidente del Gruppo Turi, ritiene che la Fase 2 disciplinata dal Decreto del 26 aprile sia incompleta e rischi di affondare il settore dell’arredamento

Dal 4 maggio, con il nuovo DPCM del 26 aprile, l’Italia entra nella tanto attesa Fase 2 che consente alle aziende di produzione di riprendere l’attività lavorativa, se pur nel rispetto delle normative di sicurezza. Ma i negozi di vendita al dettaglio devono attendere sino al 18 maggio: disallineamento ritenuto inaccettabile e incomprensibile dagli imprenditori della distribuzione e della produzione. A parlarne è Vito Turi, Presidente del Gruppo Turi, azienda di produzione di cucine Made in Italy che sviluppa un fatturato annuo di 140 mln di euro e che, dai primi di marzo, ha fermato tutti i suoi stabilimenti a causa dell’emergenza sanitaria.  

"Una riapertura a singhiozzi rischia solo di affondare ancora di più il nostro settore. La salute delle persone viene prima di ogni altra cosa, proprio per questo ancor prima del lockdown ufficiale il nostro Gruppo aveva disposto la chiusura degli stabilimenti a scopo cautelativo. È però arrivato il momento di ripartire con tutte le dovute accortezze e nel rispetto delle misure di distanziamento sociale. Ma che senso ha riaprire e far tornare al lavoro 200 persone, se tutti i nostri negozi al dettaglio e i nostri rivenditori sono chiusi? Significa rientrare per mantenere la produzione ferma come è ora. È assurdo, oltre che economicamente insostenibile per la nostra azienda”.

Processo produttivo, processo di acquisto e sicurezza

Il Gruppo Turi deve il successo dei suoi brand MobilTuri, Net Cucine ed Evo Cucine ad un tipo di lavorazione “just in time”, ossia cucine realizzate su misura e personalizzate in ogni dettaglio.

“In primis è necessaria la ricezione degli ordini da parte dei punti vendita al dettaglio, i quali vengono poi presi in carico dalla nostra azienda. La lavorazione Just in time, non prevede lo stoccaggio di pezzi in magazzino, pertanto è assolutamente inconciliabile con un provvedimento ministeriale che impedisca l’apertura al pubblico dei negozi al dettaglio. Un ritardo di quindici giorni è per il nostro ciclo produttivo, un tempo enorme”, continua Vito Turi.

D’altra parte le restrizioni poste dal DCPM risultano poco comprensibili se si pensa che i negozi di arredamento per definizione dispongono di aree espositive di ampie dimensioni e, cosa ancor più importante, richiedono un tipo di affluenza calibrata con accesso su appuntamento.

“Scegliere una cucina è un momento importante che richiede tranquillità e tempo, non è certo un tipo di attività commerciale che si presta alla creazione di assembramenti. Vogliamo sperare che questo disallineamento nel settore dell’arredamento sia una svista” conclude Vito Turi “e qui parlo come imprenditore, ma credo di poter parlare anche a nome di tutto il comparto di cui faccio parte, chiediamo al Governo un intervento immediato che porti alla riapertura dell’intera filiera del mobile per evitare, prima che sia troppo tardi, un danno ancor più pesante al tessuto produttivo italiano.”