Uno spazio raffinato, limpido e insieme evocante il gusto del cioccolato: è in questa atmosfera dolce e ironica della sua "Chocolatexture lounge" che incontriamo Nendo, ovvero il designer di origine giapponese (ma è nato a Toronto nel 1977) Oki Sato, designer dell'anno 2015 di Maison&objet Paris, oggi uno dei più apprezzati - e super occupati - progettisti del pianeta. Nendo in giapponese significa "creta" e proprio come questo materiale, prodotti e brand molto diversi tra loro nelle sue mani vengono plasmati con uno stile inconfondibile, che stempera il minimalismo in un umorismo poetico. Anche nella fiera parigina il cioccolato è plasmato dal suo allestimento. Lo spazio è delimitato da una sorta di goloso e raffinato "shangai" (una piccola foresta di sottili tubi di alluminio, di altezze differenti e come "intinti" in modo diverso nel colore del cioccolato fondente): all'interno pochi arredi, progettati da Oki Sato, qualche poltroncina, tavolini, un divanetto. Tutto colore del cacao, tutti di brand eccellenti tra cui Desalto, Emeco, Moroso, Glasitalia. Poi, il piccolo banco dove è possibile acquistare e letteralmente "gustarsi" la sua prima creazione di food design: 9 tipi di cioccolatini creati facendo riferimento "ai diversi modi della lingua giapponese di descrivere la texture alimentare e ispirati al loro suono onomatopeico, quali "toge-toge", "suka-suka", "sube-sube", "poki poki".
Attivo con lo Studio Nendo dal 2002, tre studi internazionali (Singapore,Tokio e Milano), amato particolarmente dai grandi brand europei e italiani, Oki Sato ha una inconfondibile cifra stilistica che l'ha reso in pochi anni uno dei progettisti più ricercati. L'avevamo incontrato lo scorso anno a Eurocucina, nello stand Scavolini, per cui aveva firmato la cucina Ki. Consacrato Creàteur de l'annèe 2015 a Maison&Objet Paris, l'abbiamo incontrato nuovamente nello spazio parigino punteggiato di color cacao: provato dalle tante interviste, ma sempre gentile e sorridente, solo più sintetico nelle risposte, comunque rigorose.
Come mai ha voluto cimentarsi in un progetto di "chocolatexture" per Maison&objet? Cosa pensa del food design?
"Amo molto i dolci, particolarmente il cioccolato. In questo caso, a Maison&objet ho voluto mettere insieme due cose che solitamente sono separate: esporre dei prodotti già progettati e realizzare un'installazione, oltre a dei prodotti inediti. Volevo creare un'esperienza completa, che riguardasse il design in tutti i cinque sensi. Per me è questa la dimensione completa di questa installazione. Non si tratta tanto di food design, ma di design da gustare con tutti i sensi, avendo un'esperienza completa del cioccolato e delle sue diverse, possibili texture."
Qui ci sono molti arredi progettati per brand italiani: qual è il suo legame con l'Italia? L'abbiamo vista a Eurocucina 2014 cimentarsi con una cucina per Scavolini: è una collaborazione che continuerà?
"In Italia posso dire che ho cominciato ad amare il design, e ho avviato delle collaborazioni eccellenti che continuano ancora oggi. Penso a Cappellini, ad esempio. La collaborazione con Scavolini è stata molto positiva e con ogni probabilità avrà un seguito. Tra l'altro nel 2015, in occasione dell'Expo, sarò presente sia in Triennale sia alla Permanente di Milano."
Le sue opere hanno un’intensa componente poetica. Ma qual è l'influenza della tecnologia, come limite o come possibilità, nella sua progettazione?
"La tecnologia non deve essere un limite e non è necessariamente uno stimolo: è solo un elemento con cui confrontarsi. Ma può essere pericoloso per un designer farsi condizionare troppo dalla tecnologia, con cui bisogna mantenere un rapporto di libertà, di possibilità."
Un esempio concreto di nuove tecnologie utilizzate oggi nella progettazione sono le stampanti 3d: tra l'altro, lo Studio Nendo realizza straordinarie miniature che vengono consegnate ai clienti per anticipare il progetto. Questo strumento sta cambiando qualcosa nel rapporto tra designer e creatività?
"Sì, le utilizziamo anche noi e offrono la straordinaria possibilità di toccare subito la tridimensionalità di un progetto. Sono uno strumento, ma da un punto di vista concettuale ridimensionano l'onnipotenza del designer, il suo sentirsi demiurgo: ci sono cose che possono essere fatte da uno strumento tecnologico. Dall'altra parte, la creatività non può che venire dall'intervento puro del designer."
Lei ha progettato anche per il mondo del retail. Non solo prodotti, ma spazi. Valgono gli stessi criteri o ci sono delle difficoltà specifiche?
"Si tratta di creare un'esperienza, perché entrando in un negozio non si acquista tanto un prodotto ma una vera e propria esperienza. I criteri, però, sono gli stessi."
Come vede il futuro del design?
"Sono fortemente concentrato sul qui e ora: attualmente lo Studio Nendo sta lavorando su 300 progetti differenti, il futuro è un work in progress. Ma se devo segnalare un obiettivo, penso che il design deve e può risolvere dei piccoli problemi, rendere la vita di ogni giorno migliore, rendere più facili e belli i nostri gesti. Il lusso non è tanto avere delle cose, ma apprezzare la vita, avere buoni momenti nella nostra quotidianità. Anche qui il design può divertire, nel senso di determinare un sorriso nella nostra vita."
Esiste un'etica nella sua progettazione?
"Raccontare piccole e belle storie, facili da capire, che anche un bambino possa comprendere. Arrivare a determinare un nuovo oggetto con semplicità, renderlo caloroso, pieno di umorismo, amichevole, friendly. Che induca al sorriso. È semplice, ma è molto."