Il nuovo ristorante D’O di Davide Oldani rappresenta il connubio di radici e storia, ma anche innovazione e futuro, del grande chef italiano.
Il dentro e il fuori, così come il gusto e il design, si esprimono in perfetta e armonica simbiosi nel locale che si affaccia sulla piazza della chiesa vecchia di San Pietro all’Olmo di Cornaredo, che sorge sulla direttrice stradale che un tempo collegava Milano a Torino e dove un tempo trovavano ospitalità i pellegrini, come testimoniano anche le patere (scodelle) in maiolica o ceramica invetrata murate sulla facciata della chiesa. Elementi antichi e nuovi che si ritrovano reinterpretati alla luce - letteralmente - della limpida originalità del progetto architettonico firmato da Piero Lissoni, che trova il suo punto focale nella vetrata incorniciata da un profilo di metallo traforato e coperta da una pensilina che si affaccia sulla piazza. "E il tocco finale - sottolinea il progettista - è quello di aver lavorato con la matrice dell’architettura: ho tagliato gli spazi e regolamentato gli ingredienti architettonici come fa un cuoco. E tra gli ingredienti annovero la trasparenza verso la piazza, la luce, la connessione tra il luogo dedicato alla ricerca e il ristorante, la cucina vera e propria e le differenti stanze, che si rincorrono una nell’altra".
La circolarità della piazza e il calore ligneo dell’olmo secolare che è citato nel nome del paese si ritrovano anche all’interno, dove Oldani ha voluto sviluppare quella che a suo parere resta la caratteristica “irrinunciabile” della ristorazione italiana, l’accoglienza. Dopo il ristorante di Milano, organizzato come una vera e propria casa su due livelli, per il nuovo D’O lo chef aveva in mente un’ulteriore evoluzione. "Desidero che la porta del ristorante sia aperta, in tutti i sensi, che una parte della preparazione del menu avvenga davanti agli ospiti - commenta Oldani -. L’obiettivo è coinvolgerli a trecentosessanta gradi, in un ambiente esteticamente bello ma anche accogliente. L’idea di bellezza del mio amico Piero Lissoni si è perfettamente combinata alla mia idea di praticità, realizzando il mio desiderio di un’estetica che non rinunciasse alla comodità. Ho voluto ingrandirmi in senso fisico, di metrature intendo, anche se non era questo lo scopo principale. L’ho fatto con l’obiettivo di realizzare una cucina più “grande”, capace di evolvere, di confrontarsi con altre cucine nel nostro Paese e anche fuori; e nello stesso tempo volevo razionalizzare gli spazi e rendere tutto più funzionale oltre che, naturalmente, confortevole, esteticamente gradevole".
Nella sala tutto è stato pensato per offrire un’esperienza che abbatta le barriere tra cucina e sala da pranzo, tra lo chef e i suoi ospiti. E circolarità, radici, semplicità e calore si ritrovano negli arredi, realizzati da Riva1920 e progettati su indicazioni dello stesso Oldani. Tavoli, sedie ed elementi di arredo eleganti, ma soprattutto “essenziali, lineari e funzionali”, comodi nel senso più evoluto del termine, perché ergonomici al punto da favorire - secondo le intenzioni - tranquillità e rilassatezza, e persino una digestione corretta.
Criteri simili hanno guidato anche la progettazione delle due cucine. La prima, per operare a vista nel locale, permette il dialogo tra Davide Oldani e i suoi ospiti, abbattendo le barriere tra cucina e sala da pranzo (proprio come accade nelle abitazioni contemporanee, dove la cucina aperta sul living e condivisa è una realtà o un desiderio diffuso).
Una seconda grande cucina è installata nel piano interrato, vero laboratorio culinario destinato alla “ricerca e sviluppo”, con un insieme di aree diverse comunicanti in uno spazio fluido. La cucina dai criteri professionali è stata realizzata su misura e sulle indicazioni di Oldani, e a prima vista è caraterizzata dalle stondature che evidenziano ancora una volta criteri ergonomici, un’attenzione a chi lavora ogni giorno e molte ore in cucina. "Sì, i criteri principali sono stati quelli ergonomici e funzionali, orientati soprattutto verso la facilità di utilizzo: la cucina deve essere facile da usare, toccare, pulire e, ovviamente, per cucinare".
Qui troviamo la cucina a isola attrezzata per creare e sperimentare nuovi piatti e nuove idee, uno spazio destinato allo sviluppo del brand D’O e dei suoi prodotti, oltre a una cantina a temperatura controllata aperta alle degustazioni. (Oldani non vuole citare marchi, ma tra i credits relativi al nuovo locale scopriamo, tra gli altri, quelli di Marrone, Samsung/Club des Chefs, Valcucine, Driade, Kartell, Flos).
Anche l’illuminazione della cucina è stata particolarmente curata e caratterizza anche dal punto di vista estetico le diverse aree della cucina professionale. Ma ancora una volta i criteri che Oldani sottolinea sono quelli legati al benessere delle persone. "L’illuminazione in cucina è importante soprattutto perché deve essere gradevole per chi ci lavora, perché trascorrendo tante ore nello stesso ambiente anche la parte visiva gioca un ruolo di comfort". Importante per la squadra professionale di circa 14-16 persone che opera nelle cucine, guidata da Davide Oldani nel cuore della ricerca gastronomica del nuovo D’O.
*Foto di copertina by Sebastiano Rossi