Roberto Gavazzi, Boffi

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La cucina, sempre più aperta al living e conviviale, tende a dialogare sempre più con gli altri ambienti della casa. È diventata un prodotto d’arredo, e non solo uno spazio funzionale, e come tale deve essere presentata

Leader storico della cucina ed espressione di una eccellenza tutta italiana, Boffi da tempo sta investendo sul format monomarca ed oggi,  con 60 negozi nel mondo di cui 22 di proprietà, è il marchio italiano del mobile con il maggior numero di negozi diretti all'estero, pari a 11mila mq di superficie di vendita in totale.

Autentici flagship store capaci di comunicare l'essenza e i valori di un marchio alto di gamma che si è specializzato in sistemi complessi per la casa: arredi per cucina e bagno e da aprile 2010 gli armadi. E per rendere ancora più percepibile lo stile Boffi e del suo art director Piero Lissoni, l'azienda ha sperimentato la formula innovativa di uno spazio arredato come una autentica casa con il loft BY a New York e con l'Appartamento di Milano in via Solferino, inaugurato ad aprile 2010. Ecco il punto di vista di Roberto Gavazzi, AD dell'azienda.

“È sull'estero, o meglio nel mercato del mondo nella sua globalità, che si gioca il futuro: attualmente il mercato interno sviluppa il 33% del fatturato ma l'obiettivo è quello di scendere a un 20%. La specializzazione in una serie di prodotti caratterizzati da un'elevata complessità spiega una scelta distributiva così nettamente connotata dalla presenza e gestione diretta della casa madre all'estero. Un brand con un'identità forte, che tanto ha costruito e investito sul know how e sulle risorse umane, necessita infatti  di un retail altrettanto solido e incisivo sui mercati esteri, dove deve poter contare sulla rapidità di scelte e interventi.


Per quanto riguarda l'Italia, è ancora prioritaria l'attenzione del marchio sulla distribuzione multimarca, che apporta circa il 70% del fatturato, ma è comunque strategico che la distribuzione sia all'altezza del marchio Boffi. Uno dei nodi attuali, di carattere generale e quindi non riferibile alla nostra sola realtà, è l'individuazione di interlocutori nel trade che sappiano affrontare l'evoluzione di un mercato la cui complessità ha disorientato molti retailer.  Cercare assistenza presso figure professionali di consulenza potrebbe rappresentare un primo passo, per i punti vendita, fermo restando l'importante ruolo di supporto dei marchi.


Oggi un distributore del settore cucina, se è multimarca, deve scegliere pochi brand per poterli conoscere a fondo e trattarli con professionalità. L'ideale è avere una struttura efficiente a livello di business, una localizzazione adeguata, capacità imprenditoriali e di investimento. Caratteristiche non facilmente individuabili tutte insieme. È proprio la complessità del prodotto, del mestiere di rivenditore e del mercato a spingere i brand dell'alto di gamma a “fare da sè” imboccando la strada del format monomarca.


Il consumatore - sempre meno sprovveduto e sempre più informato -  in un momento di incertezza e di crisi economica come l'attuale cerca concretezza: solidi valori di brand, serietà e affidabilità del rivenditore. Tuttavia, immerso nella contemporaneità e stimolato come è, non può prescindere dall'emozione. Quindi serve un mix di elementi: non basta più una sola parola chiave. La cucina, sempre più aperta al living e conviviale, tende a dialogare sempre più con gli altri ambienti della casa. È diventata un prodotto d'arredo, e non solo uno spazio funzionale, e come tale deve essere presentata.