A 80 anni dalla sua fondazione, FederlegnoArredo rappresenta oltre 64mila imprese e quasi 300mila addetti. “Un sistema industriale, creativo e culturale che è diventato uno dei simboli dell’identità italiana nel mondo”, come lo ha definito il presidente Claudio Feltrin in occasione dell’evento di presentazione del francobollo d’autore dedicato a FederlegnoArredo, avvenuto a settembre a Roma presso la sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Un sistema che si trova a gestire nuove sfide in uno scenario sempre più globale dove le dinamiche geopolitiche non sono controllabili, ma dove la tutela dei valori, compreso quello della sostenibilità, che hanno fatto grandi le imprese del settore può essere ancora un vantaggio competitivo importante.
Ne parliamo con Claudio Feltrin per capire meglio lo scenario e le opportunità, partendo dal commento ai dati disponibili del 2025, con particolare riferimento al settore arredo.
Parlando di produzione industriale, mercato interno ed export, quali sono a oggi numeri più importanti da sottolineare in questo primo bilancio?
Parto dal dato certo sui volumi della produzione, rilasciati a luglio da Istat, che segna un + 4,5%, come media del settore mobile, e un +11% se parliamo di cucina. Parlando di mercato interno, secondo i dati del Monitor elaborato dal Centro Studi FederlegnoArredo su un campione rappresentativo di aziende, la filiera nel primo semestre '25 ha registrato un -0,7%, mentre il macro sistema Arredamento un -0,1%. Spostando l’attenzione sull’export della filiera il dato è sostanzialmente stabile nei primi due trimestri ma il - 1% rispetto ai dati gennaio/luglio dell’anno precedente è il frutto di una media tra cali sui mercati più importanti come Francia e Germania, i due grandi malati dell’eurozona, e recuperi interessanti su altri paesi come Spagna, Paesi Bassi e Gran Bretagna. Questo se ci concentriamo sul mercato europeo, che rimane il più importante per la maggior parte delle imprese italiane.
E se spostiamo l’attenzione fuori dall’Europa?
Si conferma uno scenario di luci e ombre. Il dato che preoccupa maggiormente è naturalmente quello degli Stati Uniti, mercato che valeva 2,2 miliardi nel 2024 sui 19,4 miliardi di export complessivo della filiera, che per i mobili ha registrato un -7,7% a luglio e un -15,2% ad agosto. Oggi la situazione dazi si è stabilizzata al 15%, con una ricaduta sui prezzi al consumo negli Stati Uniti che potrebbe arrivare a un aumento effettivo del 6%. Rincaro che può essere gestito dalla filiera di distribuzione, visto che il prodotto italiano è sicuramente rivolto a una fascia alto spendente. Preoccupa, però, la perdita di potere d'acquisto del dollaro verso l'euro, con una svalutazione che da inizio anno è arrivata a pesare quanto i dazi.
preoccupa la perdita di potere d'acquisto del dollaro verso l'euro, una svalutazione che è arrivata a pesare quanto i dazi
Ricordo, inoltre, che se parliamo di contract, questi aumenti sono ancora più critici perché non possono essere riassorbiti dalla filiera distributiva e perché la sensibilità al tema del prezzo è molto più elevata. Le criticità emerse con l’amministrazione Trump colpiscono il settore anche indirettamente. L’altro numero da segnalare è che nei primi sette mesi dell’anno, il Vecchio Continente ha importato dalla Cina 18 miliardi di euro di prodotti nell’ambito del legno-arredo, segnando un incremento del 14%. Colpiti da dazi USA decisamente più importanti, dirottano parte della loro produzione sul mercato europeo, più permeabile, ricco e ormai più accessibile di quello statunitense. In definitiva, le ombre ci sono ma se come ci immaginiamo a fine anno la contrazione dell’export verso gli Usa sarà del 15%, parliamo di un valore intorno ai 300 milioni. Un importo che le aziende italiane di tutta la filiera possono recuperare grazie all’espansione su altri mercati.
A questo proposito, quali sono i paesi più interessanti su cui investire?
Guardando alle luci di uno scenario in costante evoluzione, emerge chiaramente il +5,6% registrato dall’export verso gli Emirati Arabi, mercato che si trova già tra i primi dieci nella classifica e su cui la nostra Federazione e le imprese italiane stanno lavorando con grande attenzione. L’incontro programmato a fine a novembre a Riyadh come preludio al Salone da organizzare nella seconda parte del 2026 è chiaramente un segno di impegno e di un percorso che è iniziato da oltre due anni. Un business che richiede ancora del tempo per consolidarsi e che può crescere insieme alla creazione di una struttura distributiva adeguata nel paese. Di certo sappiamo che l’Arabia Saudita sta investendo molto in vista del centenario della casa reale che verrà festeggiato nel 2030 e che le imprese italiane possono cogliere questa opportunità. Se poi si stabilizza la situazione geopolitica nell’area medio orientale e se la tregua con Israele si trasforma in una pace duratura, l’espansione commerciale potrebbe ulteriormente crescere.

L’atteso accordo con i paesi del Mercosur creerà nuove opportunità di business per il settore?
La trattativa più che ventennale tra l’Europa e i paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay ndr) coinvolge molti settori e dovrebbe effettivamente portare a una forte diminuzione dei dazi che fino ad oggi hanno creato delle barriere protettive per le nostre imprese. Non è sicuramente un immediato “liberi tutti” ma un un’azione progressiva nel tempo che, comunque, va vista come una opportunità. Anche qui con luci e ombre. Il paese più interessante è il Brasile, per cultura affine alla nostra e per disponibilità di spesa, ma dobbiamo essere consapevoli che non sono solo i dazi a frenare le loro importazioni visto che in molte delle regioni in cui è suddiviso il paese esistono delle tasse aggiuntive che valgono quanto, o più dei dazi. Compito della nostra Federazione è quindi quello di aggiornare le imprese e renderle consapevoli delle possibilità e dei tempi per realizzarle. I nostri sono beni durevoli e richiedono come tali investimenti di anni per poter raccogliere i frutti. L’imprevedibilità di una politica commerciale come quella di Trump può mettere in crisi un sistema costruito in anni di lavoro, ma il design made in Italy ha valori forti da raccontare ovunque nel mondo.
In questo momento così cruciale, quale potrebbe e dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni pubbliche per sostenere le aziende del made in Italy?
Premesso che ritengo sia l’Europa il soggetto più idoneo a stabilire accordi commerciali quadro con il resto del mondo (come insegna la trattativa sui dazi della presidente Ursula von der Leyen con l’amministrazione americana ndr), sarebbe altrettanto importante che le istituzioni europee non creassero a loro volta ostacoli alle nostre aziende, come ha ricordato recentemente anche Mario Draghi, con regolamenti che a volte possono essere più dannosi dei dazi imposti da altri paesi. Per quanto riguarda il nostro settore penso soprattutto al regolamento EUDR contro la deforestazione. Si è partiti da un principio più che condivisibile, per arrivare a un regolamento che se fosse applicato come è ad oggi penalizzerebbe buona parte delle aziende della filiera, che ricordo ha una media di quattro addetti per impresa, costrette a un sistema di controllo a catena, con un tracciamento costoso e difficile da applicare per ogni passaggio di lavorazione e per ogni componente di un arredo.
La sostenibilità è un obiettivo
da perseguire ma bisogna proporre regolamenti che le imprese possano sostenere
Una gestione che per le piccole e medie imprese sarebbe impossibile e che metterebbe in difficoltà anche quelle più grandi, rendendole meno competitive. Tanto più pensando che le aziende americane o cinesi non sono assolutamente tenute a rispettare con regolamenti altrettanto stringenti. Siamo tutti convinti che la sostenibilità sia un obiettivo da perseguire, e noi come Federazione ci siamo impegnati da tempo su questo fronte, ma non mettendo in crisi un sistema industriale che è ancora solido e che nella maggior parte dei casi non è “brutto, sporco e cattivo” come qualcuno, ogni tanto, sembra dipingerlo. Bisogna essere concreti e proporre regolamenti che le imprese possano sostenere. L’obiettivo è dare a tutte le realtà imprenditoriali la possibilità di rispettare la legge, attraverso un percorso sostenibile in tutte le accezioni del termine. Ci auguriamo che al momento di andare in stampa si sia posto finalmente fine a una situazione di totale incertezza e che le imprese siano messe nelle condizioni davvero di attuare le procedure richieste.
Parlando ancora di sostenibilità intesa come rispetto dell’ambiente, quali sono oggi le priorità per le aziende e per la Federazione?
Come ho già detto, le nostre aziende sono già molto sensibili al tema. A guidare il processo di adeguamento dei processi e dei prodotti sono le imprese più grandi e strutturate, ma è sorprendente quanta consapevolezza ci sia in tutti. Come Federazione, diamo sostanza a questi principi attraverso regolari incontri e webinar di formazione, anche perché le aziende si confrontano sempre con i mercati e quelli più evoluti, penso soprattutto al Nord Europa, ti chiedono il rispetto delle regole e di diminuire l’impronta di carbonio. Come Federazione, anche quest’anno abbiamo partecipato a Ecomondo, l’evento internazionale di riferimento per la green e circular economy, che si è svolta a Rimini. Essere presenti è sempre un’occasione per confrontarci con esperti e istituzioni, e ribadire che la transizione ecologica si costruisce attraverso un’azione di sistema. Ricordo, infine, che il Salone del Mobile è esso stesso un esempio virtuoso di rispetto dell’ambiente, con tanto di certificazioni che lo attestano, e che già dal 2023 si è ragionato su precise linee guida per la scelta dei materiali che possono essere recuperati o smaltiti correttamente dopo l’esibizione.

Come è cambiata la sensibilità dei consumatori nei confronti dell’ambiente?
I giovani sono molto più attenti ai valori della sostenibilità e se sembra in calo la fiammata di interesse esplosa dopo il 2018, grazie all’azione di capo fila come Greta Thunberg, è in corso una ridefinizione di “bello” da parte delle nuove generazioni. Un tempo un difetto creava sicuramente uno scarto, oggi è più accettata l’imperfezione se questa è coerente con i principi di sostenibilità. Altrettanto vero che il mercato non vuole pagare di più per un valore che ormai diventa un prerequisito, al pari del “bello e ben fatto”.
è in corso una ridefinizione di “bello” da parte delle nuove generazioni e l’imperfezione è accettata se coerente con la sostenibilità
Questo atteggiamento apre alla nascita più strutturata di un mercato parallelo dell’usato che può diventare una grande opportunità per chi, penso sempre ai giovani, è attratto dal buon design ma non può permetterselo. Ricordo anche che in alcuni paesi del Nord Europa, nelle gare d’appalto per fornire arredi agli enti pubblici, già ora viene richiesta una quota che oscilla tra il 15 e il 25 % di mobili di seconda mano e noi vogliamo essere pronti a gestire anche questo tipo di richieste.
Nel rispetto dei principi di economia circolare, avete costituito il Consorzio Nazionale Sistema Arredo. Quali sono le maggiori opportunità che si aprono per la filiera del sistema arredo?
La Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) è il punto di partenza di una operazione concreta che la Federazione e alcuni dei suoi associati ha messo in atto, anticipando un possibile obbligo di legge. Con la nascita del Consorzio, siamo degli autentici pionieri perché, esclusa la raccolta dei Raee, rifiuti di apparecchi elettrici ed elettronici, non esistono esempi di raccolta di un prodotto finito. Di fatto, il recupero di un mobile è molto complesso. Oltre al legno, entrano in gioco molti altri materiali. Il nostro obiettivo non è solo quello di recuperare le materie più nobili ma, in un percorso ideale, è auspicabile che il mobile venga riparato e immesso nuovamente sul mercato come mobile usato.
i rivenditori sono sicuramente
i primi player impegnati
nell’azione di recupero per dare
una seconda vita all’arredo
Ad oggi hanno aderito al Consorzio una trentina di aziende in modo volontario e l’accordo con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica è stato firmato in primavera mentre sta per concludersi la fase di test avviata in quattro comuni - Milano, Treviso, Napoli e Palermo – che permette di mettere alla prova il nostro studio fatto in termini teorici per organizzare al meglio la raccolta e mettere a punto un modello praticabile e sostenibile. Alla fine della fase di test, il Ministero farà le verifiche e valuterà la possibilità di emanare il decreto EPR Arredo che renderebbe cogente il percorso. Nel Consorzio è coinvolta anche la categoria dei rivenditori, che sono sicuramente i primi player nell’azione di recupero per dare una seconda vita all’arredo o per consegnarlo in modo corretto per avviarlo al recupero, se non si può più riparare. In questo scenario si aprono nuove opportunità di acquisto per chi non può accedere a un prodotto nuovo ma anche un volano di business interessante per chi vende. È sicuramente un percorso lungo, ma la direzione è tracciata.
A che punto è la transizione digitale nelle imprese per migliorare l’efficienza dei processi ed essere più competitive?
Le nostre imprese si stanno confrontando con il player digitale più importante sceso in campo in questi anni. Sto parlando dell’AI, uno strumento potente con cui tutti siamo chiamati misurarci e che sta già permeando la nostra vita. Le imprese devono capire in quale campo applicarlo con maggiore successo e come Federazione stiamo proponendo molti incontri e webinar sul tema.
Il suo potenziale è enorme ma credo che l’ambito più interessante dove esprimerlo sia quello dei servizi, che possono diventare un vantaggio competitivo ulteriore per il design made in Italy. “Bello, ben fatto e sostenibile” è una definizione potente dei nostri prodotti ma la velocità e efficacia nelle risposte diventa un’arma strategica che dobbiamo mettere in campo e l’AI, se ben applicata, sarà un nostro alleato fondamentale.
L’intervista è stata rilasciata il 10 novembre



