Catas: le superfici ai tempi del coronavirus

Come si comportano le superfici in relazione alla possibilità di contaminazione? Un tema di grande attualità che Catas affronta con uno studio di approfondimento di Franco Bulian e con un webinar gratuito in programma l'11 giugno

Mai come oggi le caratteristiche delle superfici in relazione alla “possibilità di contaminazione” sono un tema di grande attualità. Se già in passato si guardava con grande interesse alle particolarità delle superfici antibatteriche, oggi queste potrebbero addirittura imporsi come un nuovo standard, in un mondo messo a dura prova dalla pandemia causata dal “Covid-19”.

Un tema molto sentito dove etichette come “antibatterico” o “antimicrobico” potrebbero rappresentare una fondamentale motivazione alla scelta.
Ma di cosa stiamo realmente parlando? Come il mondo dell’arredo può e deve confrontarsi con materiali dalle nuove potenzialità?

I tecnici e gli specialisti di Catas, il laboratorio europeo per il mondo del legno-arredo, si sono interrogati sull’argomento, al punto da convincerli a inserire nel calendario della Catas Academy un webinar interamente dedicato a questo tema, durante il quale si parlerà di come si possano ottenere effetti antibatterici, dei trattamenti igienizzanti su diverse tipologie di superfici (arredi, elettrodomestici e oggetti d'uso quotidiano in casa o in ufficio), di metodi di prova, di analisi e interpretazione dei risultati e degli obblighi previsti dagli strumenti legislativi di riferimento, quali il Regolamento europeo sui Biocidi.

L’appuntamento con la dottoressa Elena Conti, responsabile della Sezione microbiologia di Catas, è per giovedì 11 giugno alle ore 14.00 (seminario in lingua italiana) e martedì 23 giugno, sempre alle ore 14.00 (seminario in lingua inglese).
Ci si può iscrivere gratuitamente sul sito di Catas
Per informazioni: formazione@catas.com, Tel. 0432 747260

COVID-19: COME SI COMPORTANO LE SUPERFICI DEGLI ARREDI?
Franco Bulian, vicedirettore di Catas ha approfondito questo tema focalizzandosi sul temuto nuovo virus Covid-19 e su come si comporta sulle superfici degli arredi indoor.

Il termine “contagio”, che in questo periodo ricorre spesso nei nostri discorsi, ha un’etimologia alquanto interessante, derivando infatti dal latino cum che significa “insieme” e tangere ovvero “toccare”. Il semplice gesto di toccare una superficie è effettivamente un meccanismo alla base di molti contagi e alcuni studi testimoniano, ad esempio, come le maniglie delle porte o i pulsanti degli ascensori di luoghi affollati siano annoverabili tra le cause primarie della trasmissione di molti virus.
Queste strane “entità biologiche” sono infatti in grado di viaggiare facilmente, passando dalle superfici che tocchiamo alle nostre mani e dalle mani alla nostra bocca e ai nostri occhi, porte spalancate per l’ingresso nel nostro organismo: uno studio effettuato in Australia nel 2015 ha dimostrato che le persone tendono a toccarsi molto spesso la faccia (mediamente 23 volte all’ora) e questi gesti, anche inconsapevoli, sono utilmente sfruttati dai virus per sviluppare la loro diffusione.

La trasmissione del virus attraverso le superfici si basa evidentemente su un primo contagio derivante da una persona infetta, magari attraverso le celebri “droplets” (goccioline di saliva trasmesse attraverso uno starnuto, un colpo di tosse o semplicemente parlando a un’altra persona) a cui si associa la capacità del virus di sopravvivere sulla superficie così contaminata.
Studi recenti, effettuati proprio sul Covid-19, indicano una sopravvivenza abbastanza prolungata di questo virus sulle materie plastiche (fino a 72 ore) e sull’acciaio (48 ore), mentre risulta più ridotta sul cartone o sul rame.
Il dato forse più interessante per ciò che riguarda gli arredi interni è quello relativo alle plastiche, considerando che molte delle superfici che ci circondano sono verniciate o realizzate comunque con laminati o altri materiali a base polimerica che rappresentano – per l'appunto – i costituenti primari delle plastiche.

Al di là di tutto ciò, molte cose sono mutate nella nostra quotidianità alla luce dei drammatici effetti del Covid-19 e abbiamo imparato che, oltre al distanziamento reciproco, è anche determinante l’igiene delle nostre mani, oltre a quella di tutte le superfici che ci circondano. Queste nuove esigenze e abitudini stanno determinando un riflesso importante anche per il mondo dell’arredo e delle finiture, che si ritrova coinvolto in richieste specifiche di efficacia antibatterica delle superfici o comunque della loro capacità di resistere alle frequenti operazioni di pulizia e di disinfezione.
A tal proposito Catas, su sollecitazione di diverse aziende, ha recentemente incrementato studi specifici in questa direzione.


L’efficacia antibatterica delle superfici
L’effetto antibatterico delle superfici è normalmente ottenuto grazie all’aggiunta di particolari additivi (ad esempio a base di argento) che svolgono un’azione battericida e/o inibitoria verso la loro proliferazione. Catas effettua prove specifiche per studiare l’azione antibatterica delle materie plastiche e di altri materiali non porosi, contaminando le superfici oggetto di indagine e verificando successivamente l’effetto che esse producono sui batteri. I metodi di riferimento sono quelli descritti dalle norme ISO 22196 e JIS Z2801, oltre a metodi interni creati per adattare la prova a materiali che per le loro proprietà intrinseche non si prestano all’analisi con i metodi normati. Verifiche che ovviamente non riguardano i virus e tanto meno il Covid-19, che l’istituto non possiede certamente all’interno del proprio reagentario.


La resistenza ai prodotti di pulizia e ai liquidi disinfettanti
Come già ricordato, la pulizia frequente e la disinfezione delle superfici sono azioni raccomandate a ogni livello per contrastare la diffusione del “Covid-19”. Tra i prodotti dichiaratamente efficaci contro i virus vi sono i preparati a base alcolica e quelli contenenti agenti ossidanti, come l’ipoclorito di sodio o l’acqua ossigenata.
L’alcool è certamente un agente da tenere in debita considerazione, in quanto tende a volte a provocare il rammollimento di alcuni rivestimenti.
Gli agenti ossidanti possono essere invece responsabili di decolorazioni o “sbiadimenti”, anche se non esistono attualmente molti dati per poter presentare una reale casistica. Una particolare attenzione bisogna infine porla ai coloranti che a volte vengono aggiunti a questi prodotti: se tali sostanze penetrano profondamente all’interno delle superfici diventano poi difficili da rimuovere, determinando l’insorgenza di indesiderate macchie colorate.
A tal proposito Catas ha messo a punto uno specifico protocollo di indagine (basato sulla norma EN 12720) per verificare la capacità delle superfici di resistere al contatto con i prodotti di pulizia e con i liquidi disinfettanti di uso comune.


La resistenza allo strofinio
Oltre alla prova che valuta il semplice contatto di un liquido con la superficie in prova,  Catas ha anche messo a punto un metodo per valutare l’effetto combinato del contatto con lo strofinio, simulando sostanzialmente una reale operazione di pulizia. L’effetto combinato può essere infatti assai deleterio, provocando striature o aloni indelebili sulle superfici dei mobili e degli arredi in genere.
Gli strumenti messi a disposizione da Catas possono rappresentare senz’altro un valido aiuto per il mercato in attesa che anche il mondo normativo inizia a considerare e a lavorare su queste nuove esigenze.