Tra le colline e le vigne, i boschi e gli ulivi che caratterizzano il territorio “incantato” della campagna senese, si ergono ville e casali unici al mondo. Una di queste splendide dimore appartiene a una coppia italiana di archistar, apprezzata a livello internazionale per le numerose opere tra cui il nuovo Centro Congressi del quartiere Eur a Roma, inaugurato lo scorso ottobre, che si connota per la “Nuvola” sospesa dentro il parallelepipedo trasparente.
Parliamo di Doriana e Massimiliano Fuksas, progettisti che hanno firmato edifici e case in tutto il mondo facendosi portavoce della cultura e dello stile italiani, anche grazie a un riconoscibile e personale “fare progettuale” di spiccato carattere avanguardistico. Apparentemente distante, però, da quello che caratterizza la loro casa in Toscana che - quasi in contrapposizione con lo slancio architettonico degli edifici contemporanei progettati dalla coppia, è “seduta” dolcemente su un terreno rigoglioso di piante e fiori.
Si tratta di un casale di antiche origini, che racconta la storia secolare del luogo, a cui si aggiunge ora anche il “vissuto” dei due progettisti.
Incorniciato dal verde dei giardini che lo circondano, il casale mostra una importante facciata principale di carattere tradizionale, costruita con mattoni a vista e pietre di fiume. In realtà sono due le case che compongono il casale: un edificio principale e uno più piccolo, usato in precedenza come deposito per gli attrezzi agricoli.
Una grande dimora, che nell’edificio principale comprende ben 18 stanze e otto bagni, mentre all’esterno la proprietà si amplia con un giardino coperto, un pergolato e tre aie.
I lavori di ristrutturazione globale operati da Doriana e Massimiliano Fuksas sono stati soprattutto di consolidamento, mentre negli interni gli interventi si sono concentrati sull’apertura degli spazi, che oggi risplendono per la raffinatezza di scelte a contrasto.
Il sapiente effetto non-finito delle pareti interne si confronta così con un arredo di grande forza espressiva, che mixa sedute di design scandinavo, luci e oggetti di design italiano e molti mobili vintage e di artigianato etnico acquistati dalla coppia durante i viaggi intorno al mondo o realizzati su loro disegno. I fasci di luce che “irrompono” dalle finestre accendono le nuance tenui che dipingono gli ambienti arricchiti dallo stile raffinato di antiche madie, tavoli di vecchia memoria, elementi decorativi particolari tra cui antiche porte marocchine in legno lavorato e scolpito a mano.
In questo contesto, la cucina occupa un posto di primo piano. O, meglio, un duplice posto. Due sono infatti gli ambienti ad essa dedicati: uno spazio comunica direttamente con un'area pranzo ed è utilizzato per la per la preparazione - foto sopra e qui sotto - con un bancone di lavoro e tanti strumenti nuovi e di vecchia memoria che lasciano trasparire la passione per il buon cibo e per gli oggetti ricercati, comprese le stoviglie di richiamo etnico. Tra questi, la vecchia affettatrice, un tavolino a con gambe in ferro battuto e, a parete, la porta marocchina in legno scolpito.
In continuità con la zona preparazione, ecco poi l'ambiente dove si cucina - foto sotto - con l'isola di lavoro dotata di fuochi e di zona lavaggio e le due sospensioni di design che fanno luce sul piano. Dietro, una vano chiuso da una porta marocchina d'epoca.
La ristrutturazione del casale ha coinvolto entrambi gli architetti, che si sono occupati dei lavori in modo differente: Massimiliano Fuksas ha seguito principalmente le opere strutturali, mentre la moglie Doriana Mandrelli si è occupata delle scelte di interior e di arredo, come spiegano i due progettisti.
Partendo dal principio, come è avvenuta la scelta di questa casa e quali sono stati gli elementi che vi hanno più affascinato?
«Questa casa l’abbiamo vista e presa subito, quasi senza indugi, e abbiamo sviluppato il progetto in loco» racconta l'architetto Massimiliano Fuksas. «Entrambe le case facevano parte di un complesso più ampio di abitazioni rurali: il nucleo più antico è medievale e risale al Trecento, e doveva essere un edificio a carattere religioso, una badia, con la struttura di una torre; le altre porzioni edificate sono state aggiunte dei primi anni dell’Ottocento, a partire dalla certa destinazione d’uso agricola. Per quanto riguarda casa e terreno, abbiamo semplicemente eliminato e semplificato quello che non serviva e abbiamo mantenuto l’architettura originaria, costruita con materiali poveri e tradizionali; abbiamo cancellato le superfetazioni e le diverse contaminazioni prodotte dai vari restauri, alcuni dei quali molto incisivi. Come l’ultimo, che è stato attuato negli anni ’70».
Quali sono stati i passaggi più impegnativi per voi, nella fase di ristrutturazione? E quanto della struttura originale è stato modificato e cosa avete invece mantenuto?
«Massimiliano si è occupato soprattutto delle scelte di consolidamento delle strutture e io ho avuto grande libertà per la ristrutturazione degli interni», spiega Doriana Mandrelli. «Il primo e importante obiettivo di questa fase è stato aprire gli spazi e mettere in comunicazione tra loro i diversi ambienti. Mi sono poi concentrata sugli interni che, come vuole la tradizione abitativa rurale, sono raccolti attorno ai camini e sono collegati tra loro da volte e arcate».
Oggetti di design convivono con elementi etnici: come li avete selezionati?
«Nei grandi saloni e nelle ampie stanze, materiali poveri trovano abbinamenti imprevisti con elementi di design vintage. Una poltrona in cuoio di Arne Jacobsen convive con con due candelabri lignei da chiesa con teste di angeli del Seicento, dalle ricche dorature, posti ai due lati del camino. Il tavolo da pranzo, che probabilmente era un piano da lavoro su cui sono stati montati dei sostegni di legno, è circondato da sedie francesi di bistrot degli anni Trenta, in foglio di ferro.Il candelabro in peltro contrasta con le lampade in carta di riso di Isamu Noguchi», continua Massimiliano Fuksas.
«Al piano superiore, tappeti berberi si snodano tra le stanze da letto, i salotti e una biblioteca, come ad unire cassettiere italiane, pannelli dipinti indonesiani, legni intagliati dall’India, una carta topografica della Roma settecentesca di Giovan Battista Nolli, poltroncine di Harry Bertoia, quadri di Schifano, madonnine russe», spiega l’architetto Doriana Mandrelli Fuksas.
Come avete conciliato il rispetto della tradizione con il gusto contemporaneo che caratterizza i vostri progetti?
«Abbiamo sbiancato le originarie travi in castagno con il latte di calce, mentre le pareti sono state trattate con un tipo particolare di tadelakt, una tecnica di intonacatura di origine marocchina in cui il bianco si “sporca” in ombre di colore e con il suo trattamento a calce permette di ricreare pareti variegate, come segnate dal tempo. Abbiamo rifatto gli infissi e scelto il cotto del pavimento, più chiaro rispetto a quello tipico delle dimore di campagna toscane, che è stato usato appositamente per incrementare la luminosità generale. Nella cucina, invece, sono state lasciate a vista la struttura in mattoni alle pareti e le travi al soffitto», dice Massimiliano Fuksas. «Per le scelte d’arredo, gli ambienti sono stati “contaminati” da oggetti e mobili di provenienza differente» continua l’architetto Mandrelli. «L’architettura è essenziale, l’amore per il design si accompagna a quello per l’artigianato. Parlando del casale principale, il pianterreno è un grande open space, con la struttura a vista delle piccole volte a mattoncini imbiancati che scorrono verso un camino sul fondo della sala. Lo stesso eclettismo si ritrova anche nel secondo edificio, dove la luce filtra tra grate di mattoni».
Come è nata l’idea di utilizzare le porte come elemento decorativo?
«Le porte in legno scolpito che si vedono fissate ai muri sono antiche porte di riad marocchini. Le abbiamo utilizzate appendendole alle pareti come quadri o per nascondere armadi a muro».
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