Nella foto: Teca, Novalinea Una cucina giocata sul concetto di “teca”. Uno spazio definito per riporre oggetti, in questo caso, oltre che preziosi, utili per rendere più semplice le azioni quotidiane in cucina. «…ho sempre creduto che fosse solo una cucina e invece scopro che si tratta di una CUCINA…».
Nella foto: Teca, Novalinea
Una cucina giocata sul concetto di "teca". Uno spazio definito per riporre oggetti, in questo caso, oltre che preziosi, utili per rendere più semplice le azioni quotidiane in cucina.
«...ho sempre creduto che fosse solo una cucina e invece scopro che si tratta di una CUCINA...». Così inizia il ragionamento smart del team guidato da Gianni Pareschi, architetto e designer di fama internazionale che si è misurato con il settore collaborando, ad esempio, con Scavolini e scoprendo nuove frontiere per il classico. Da circa dieci anni fa parte della squadra anche Mattia Pareschi (a destra), che spazia dall'interior design agli spazi pubblici, in Italia e all'estero.
«Giambattista Vico parlava di "corsi e ricorsi" e in effetti se guardiamo agli ultimi quarant'anni constatiamo che infinite volte la cucina si è fregiata del titolo di "nuova" anche se molto di quel "nuovo" aveva le fattezze di qualcosa di già visto, di qualcosa che tornava. All'inizio bastava parlare di "cucina moderna", poi abbiamo scoperto la cucina "all'americana", la mitica Fly ci ha fatto scoprire basi & pensili... oggi, anche se a Vimodrone fanno tutt'altro, tracce di quelle avventure di progetto sono profondamente radicate nel dna di ogni nuovo prodotto. Però continuiamo a parlare di "nuovo", anzi di "smart". Non so per quanto: perché fino a quando per progettare una cucina bastava farla meglio dei concorrenti (e convincere un produttore di questo fatto inoppugnabile) avevi l'impressione di muoverti in un terreno noto, oggi della cucina si è impadronita la comunicazione, oggi non c'è palinsesto che non preveda avvenenti fanciulle (tutte bionde) o maschietti (purché sopra i 150 kg.) che ti introducono ai misteri golosi del cibo e alla sacralità della sua preparazione. Così, per presentare il nuovo modello non inviti il designer, inviti lo chef! Ogni tanto sono tentato di mettere da parte la matita e di passare a forchette e pestelli, ma ho il dubbio che le mie pietanze denuncerebbero sempre un retrogusto di truciolo!
Fuor di metafora, dovendo una volta ancora convincere gli addetti che sta facendo del "nuovo" (sorry, dello "smart"), il designer (razza coriacea, abituata a sopravvivere nelle peggiori condizioni ambientali) sta ribaltando il sistema di riferimenti (vedi appunto G.B. Vico) riscoprendo la cucina "di preparazione".
Dopo avere per anni giurato sulla superiorità del rigore, degli scenari asettici e minimali, oggi si torna a parlare di "èsprit de cuisine" (chissà perché quando parli di cibo finisci sempre sul francese), cioè di un ambiente che fa della sua specializzazione la propria cifra estetica. Oggi la sfida è disegnare una cucina che assomigli a una CUCINA».