Vita media di una cucina secondo la ricerca KFA

Le famiglie italiane rinnovano l'ambiente cucina un paio di volte nel corso della vita, con una durata media dell'arredo di circa vent'anni.

La cucina è certamente l'ambiente domestico che vede più di ogni altro lo scorrere della quotidianità familiare, di qualunque famiglia si tratti, per dimensione, censo, latitudine.

Ma quante volte la cucina viene rinnovata nel corso della vita di una famiglia? Nel corso del tempo cambiano gli stili e il manufatto si logora, così questo particolare arredamento ha un decorso finito. Certamente non dura per sempre. Una ricerca statistica è sempre sottoposta alla dura legge di Trilussa. Fornisce responsi apparentemente incontrovertibili, ma nasconde realtà molto articolate e complesse che la statistica può talvolta solo immaginare, certamente non registrare.

Detto ciò, tuttavia, lo spaccato che la ricerca semestrale KFA, svolta da Katoida doo, dà della vita di questo oggetto complesso è di un certo interesse.

Prima di tutto bisogna dire che l'acquisto di una cucina componibile comporta una scelta molto meditata, se è vero che il 23,8% degli acquirenti visita il punto vendita prescelto (che nel 60% dei casi dista più di mezz'ora di automobile) più di 4 volte prima di decidersi ad ordinare. Sono tempi di crisi e quindi una spesa di circa 5.700 euro (5.701 è il valore medio dell'acquisto fornito dall'indagine) va meditata con estrema attenzione. E prima ancora del prezzo, sono i parametri che hanno motivato la scelta del negozio a dirci che ben il 52% delle motivazioni fornite è di taglio economico, sia si tratti di prezzi accessibili o di modalità di pagamento, sia del più sfuggente rapporto prezzo-qualità. Al riguardo va osservato che la qualità, a giudicare dal valore dell'acquisto medio, è stata lasciata un pò sottotono. Il prezzo pagato negli specializzati per una cucina componibile è del 19% superiore alla media, ma il flusso di clientela è di 20 punti inferiore.

Sia per quanto riguarda gli acquirenti della GDO sia per quelli degli specializzati, il rapporto qualità-prezzo ha guidato la scelta, essendo chiaro che ciascuno dei due gruppi aveva chiaramente in mente uno solo dei due parametri: gli acquirenti GDO, il prezzo; i clienti degli specializzati, la qualità.

In questo momento sembra fare più effetto sull'acquirente la "promessa di qualità" contenuta in una garanzia formale di lunga durata o nella dichiarazione "mediatica" che la qualità è sostanziale, come indica l'importanza data a questo parametro dagli acquirenti GDO. Qualità che da tutti viene intesa come "price of entry", proprio perché riguardante un bene durevole che dovrà prestare il suo servizio per molti anni a venire.

Un volume di acquisti a ridosso del 40% è stato infatti effettuato in insegne di grande distribuzione dove viene esercitata perlopiù la leva della convenienza da un lato e dell'unbranding dall'altro. Questo fa sì che il 40% degli acquirenti non sappia indicare la marca del proprio recente acquisto. A questi ultimi vanno aggiunti gli acquirenti Ikea (8%).

L'età media del ricambio
I dati ci dicono che le cucine sostituite sono composizioni che hanno un'età media di 20 anni (23 anni al Sud) e per sopportare vent'anni di logorio quotidiano serve indubbiamente un contenuto di qualità intrinseca consistente, che consenta alla cucina di resistere degnamente fino alla fine. Ma i tempi sono quelli che sono. Ce lo svela al riguardo la frequente tendenza al recupero delle cucine sostituite, che solo nel 60% o poco meno dei casi vanno alla rottamazione. Il restante 40% prosegue la propria vita in altre abitazioni con meno pretese (23%), o viene destinato ad utilizzi diversi dalla stessa famiglia.

Un incentivo alla rottamazione potrebbe forse essere proposto, se si riuscissero ad alzare i margini, perché libererebbe una consistente fetta di mercato. Una cucina componibile nuova entra in casa per sostituire una composizione ormai obsoleta o per arredare ex novo un ambiente cucina libero. Le due motivazioni d'acquisto in termini di importanza sembrano equivalersi (44,5% - 45,1%). D'altronde, chi crea una nuova famiglia o cambia abitazione nel 34% dei casi sostituisce una vecchia cucina già presente oppure, nel 60% dei casi, ne compra una per arredare un ambiente per la prima volta. Le seconde case sembrano invece accogliere quasi esclusivamente arredi nuovi. Le nuove cucine, infine, per metà vanno a sostituire altre cucine componibili (54% dei casi) e per l'altra metà soluzioni d'arredo della cucina, diverse e caratterizzate perlopiù da accostamenti di mobili di provenienza varia, associati ad elettrodomestici free standing, creati nel tempo a seconda delle necessità.

La composizione media della cucina degli italiani in termini di basi e colonne disegna una tipologia media di quattro basi associate a due colonne, e dentro queste ultime trovano posto forno, frigorifero e, talvolta, un forno a microonde. La dimensione delle cucine dipende – oltre che, ovviamente, dalla dimensione dell'abitazione - anche dal canale in cui sono state acquistate. C'è quindi da un lato una certa relazione con la convenienza.

prezzo acquisto cucina in euroDall'altro, falegnami ed arredatori, con ogni probabilità, sono ingaggiati per arredare spazi più difficili da trattare con soluzioni e modelli cucina standardizzati, e a dichiarare di avvalersene in misura maggiore sono i proprietari di appartamenti di media dimensione (da 80 mq a 150 mq).

Il punto vendita è decisivo
Abbiamo già accennato alla forte quota di cucine unbranded presenti nel campione acquirenti 2014.

Il branding di una cucina componibile, data la lunga durata del bene, è una faccenda complicata anche dal fatto che si tratta di un atto d'acquisto che può essere effettuato, in media, non più di due volte nella vita.

Accumulare un ricordo di marca in queste condizioni è concepibile solo se si capisce il valore del passaparola, da un lato, o l'importanza di coltivare le generazioni nella loro maturazione, dall'altro: ma appunto bisogna concepire una politica di marketing di lungo respiro a sostegno di un ri-acquisto ventennale e talvolta le aziende non vedono l'opportunità di sottrarre così tante risorse alla politica commerciale quotidiana per sostenere un obiettivo futuro così lontano.

dove_dimensioniLa convenienza sopravanza di molto il fattore d'immagine e il comportamento d'acquisto dei consumatori ne è in qualche modo testimonianza.

Nella scelta del punto vendita, il fattore umano viene considerato immediatamente dopo il fattore economico, ed è quindi il negozio, tranne rari casi di alcuni marchi, a essere il vero vettore comunicativo del brand per l'acquirente. Notoriamente, in questo tipo di processo il produttore trova spesso difficoltà ad essere incisivo con il cliente finale. La consultazione preventiva di Internet e di riviste specialistiche per trovare informazioni utili alla scelta non riguarda più del 27% degli acquirenti, che non possono neanche fare appello a un ricordo di marca che la maggior parte dei produttori non si è mai veramente impegnata a costruire.

ogni quanto cambiare la cucinaSalvo una manciata di sei o sette marchi (su 90 censiti), con Scavolini, Berloni, Snaidero e Lube in testa, che in qualche modo possono contare su un ricordo di marca superiore alla propria quota di mercato (Scavolini, a onor del vero, di molte volte superiore), tutti gli altri raccolgono un ricordo top of mind sostanzialmente esiguo.

Con un mercato in queste condizioni, per le marche indirizzare l'acquirente diventa un problema serio e l'unica strada percorribile è la contesa dei circa 12.500–13.000 (stima ricavata dalla ricerca KFA bimestrale) punti vendita tradizionali, dentro i quali il cliente viene perlopiù indirizzato dagli arredatori. Il 59% degli acquirenti ha condiviso un progetto fatto sul punto vendita o da altri esperti esterni, contro poco più di un terzo che invece può vantare un progetto proprio.