Intervista a Giuseppe Segalla: il contract e i suoi segreti

Il mercato del contract rappresenta una vera opportunità per uscire da questo momento di incertezza generale? Giuseppe Segalla – Senior Partner di Koinos Management è convinto che sia la giusta strada da seguire…

Internazionalizzazione, aggregazione d'impresa ma soprattutto un radicale cambiamento culturale: in una parola contract. È questa la ricetta fondamentale per rendere la propria impresa competitiva e allineata alle richieste dei paesi stranieri, che rappresentano ormai il futuro di un mercato governato da continue contrazioni e scarsi investimenti.

La maggior parte delle imprese italiane si è storicamente focalizzata e specializzata sul canale retail; un modello certamente vincente ma che ha pesantemente subito, negli ultimi anni, la crisi dell'economia globale. Un modello di business sempre più congestionato dai grandi brand che ne fanno il bello e il cattivo tempo e che difficilmente può offrire nuove opportunità alle piccole aziende italiane.

Il mercato del contract, complesso e competitivo, ha fruttato circa 7,7 miliardi di euro nel 2011 e trova nei mercati del Middle East, Africa, Russia, USA e dei cosiddetti “Next 11” (Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Corea del Sud, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia, Vietnam) un solido terreno su cui investire.

Ma allora cosa è il contract? Quali sono le cose principali che un'azienda dovrebbe valutare prima di affrontare un investimento in questo campo?
L'abbiamo chiesto a Giuseppe Segalla - Founder e Senior Partner di Koinos Management, una delle principali realtà, sul territorio italiano, di consulenza di direzione nata per promuovere e sostenere lo sviluppo delle imprese.

Molto spesso si tende a confondere le grandi forniture d'arredo con il contract. Ma cosa è in realtà il contract?
Il contract è un vero e proprio cambiamento culturale, che molte aziende italiane faticano ancora a far proprio. La stragrande maggioranza delle aziende d'arredo sono abituate a lavorare con il canale retail e quindi il loro approccio è focalizazato a realizzare prodotti e portarli nei punti vendita, perché poi qualcuno, prima o poi, li possa comprare. Questo processo ha dei vantaggi, perché seguono tutti una stessa logica, sono più o meno standardizzati e hanno poche variabili tra cui, la qualità, il prezzo, la distribuzione e la promozione. Il contract è un'approccio completamente diverso. Innanzitutto la filiera è molto più lunga e non c'è una standardizzazione dei prodotti, perché per il mercato del contract si devono necessariamente realizzare delle “soluzioni abitative” pensate e progettate da studi d'architettura ed interior design che seguono gli obbiettivi posti dal cliente. Questi obbiettivi riguardano sicuramente la qualità e il comfort, ma devono perseguire una visione di manutenzione a lungo termine. Questo è uno degli aspetti principali da seguire in questo ambito. Per esempio, un albergo è una fonte di reddito continua ed è necessario che la manutenzione di ogni singola camera sia garantita 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tutto l'anno.

In sostanza il contract è: generare valore per il committente; un mondo completamente diverso dal mondo del retail. Realizzare delle soluzioni abitative su misura per ogni cliente, con una determinata configurazione e una certa economicità.

Per quanto riguarda la vendita e la distribuzione, a cosa devono prepararsi le aziende?
Dal punto di vista del “country specific” il contract può essere considerato un vero e proprio canale distributivo. Nella maggior parte dei casi i produttori vedono come unico e consolidato modello distributivo il retail, il punto vendita inteso come luogo fisico dove esporre e vendere la merce. In molti mercati l'arredo viene invece veicolato insieme all'immobile nel quale sarà inserito e il contract rappresenta addirittura il canale principale di vendita: la vendita dell'appartamento è legata anche alla vendita degli arredi. Questo fenomeno è consolidato in molti mercati tra cui USA, UK, Far East e ora si inizia a vedere in modo molto sporadico, in alcune grandi città italiane. Il mercato del contract richiede un grande cambiamento strutturale e organizzativo e un adeguamento delle 4 aree principali interne, ovvero: il marketing (o meglio contract marketing), ufficio tecnico (ricerca e sviluppo), processi produttivilogistica/installazione e montaggio.

Però molte aziende che operano sul mercato del retail, hanno sviluppato un ufficio marketing interno e un reparto di ricerca e sviluppo, qual'è la differenza tra i due mercati?
La differenza a livello di marketing per i due mercati è sostanzialmente diversa, perché cambia il soggetto a cui parlare: il retail marketing si rivolge al retail stesso, cercando di comunicare con l'utilizzatore finale; il contract marketing vuole comunicare con i cosiddetti “influenzatori”, ovvero le figure professionali quali architetti e designer. D'altro canto, la ricerca e sviluppo del settore retail è senz'altro legata ai materiali ed è, molte volte, una ricerca che viene suggerita e sponsorizzata dai fornitori, che per propria natura, devono spingere determinate finiture, sottostando ai trend del momento. Il contract deve distinguersi invece per una ricerca “sartoriale” focalizzata a soddisfare il cliente per la specifica richiesta del progetto, tenendo sempre conto dei progettisti.

Il cambiamento culturale deve riguardare in qualche modo anche gli studi di architettura e design?
Credo che non ci sia questa necessità. I professionisti della progettazione sono, per formazione e per natura, molto più elastici e disposti al cambiamento continuo e all'innovazione. Per esperienza, non ho mai dovuto scontrarmi con questa evenienza, al contrario i progettisti sono sempre stati presenti con entusiasmo al processo, suggerendo le migliori soluzioni, per poi passare il testimone alle compagnie e ai fornitori stessi per una ricerca sul rapporto qualità-prezzo.

Quali sono i focus del momento riferiti al mercato del Contract?
I focus su cui puntare sono molti, soprattutto dovuti a tendenze internazionali. Per esempio dal punto di vista delle grandi real estate, i trend che vanno per la maggiore sono: ecologia, eco compatibilità, funzionalità e un rapporto qualità- prezzo estremamente competitivo. Un rapporto che non si può scindere dalla richiesta di elevati standard qualitativi. Sicuramente l'economicità dei materiali e delle lavorazioni non è più ad appannaggio delle aziende italiane: presentarsi sul mercato puntando tutto sulla “leva del prezzo” non è più una strategia vincente per aggiudicarsi commesse internazionali. Si dovrebbe puntare invece su un approccio competitivo.

In che modo le aziende italiane possono quindi essere competitive?
Esistono molte aziende che sono state capaci di strutturarsi così bene, da potersi permettere di presidiare entrambi i mercati, sia quello retail che quello contract. Queste aziende possono utilizzare appieno lo spirito del “Made in Italy” diventando - all'interno di quei mercati che lo riconoscono - dei brand che esportano la qualità dei prodotti e l'affidabilità dei servizi tipici del bel paese.

E quindi le aziende più piccole e meno strutturate, sono destinate a scomparire?
Assolutamente no, a patto che sappiano riconoscere i mercati più adatti a loro. In molti paesi infatti, le aziende “no-brand” hanno tante possibilità di instaurare rapporti commerciali. Per esempio la maggior parte dei produttori del Triveneto e del nord-est, che hanno una capacità di creare valore all'interno della filiera, completamente diverso rispetto alle aziende brianzole, dovrebbero essere in grado di creare un approccio diverso ai mercati del contract. Nel middle-est per esempio, con alcuni produttori siamo riusciti a creare molte opportunità di business; ma si può fare riferimento anche ad altre aree, tra cui la Russia, che richiedono del buon design “democratico” in grado di generare valore ma senza altissimi costi.

Chi è quindi più avvantaggiato tra i due competitor? I grandi brand che tutti conosciamo o le piccole industrie “anonime”?
Sicuramente è più avvantaggiato chi ha saputo sviluppare le proprie competenze al di fuori del perimetro del mercato domestico. Il concetto chiave quindi per riuscire nel mercato del contract è l'internazionalizzazione, intesa come una crescita
sostenibile all'interno dei diversi mercati. Per quanto riguarda la dimensione, la cosa fondamentale per ogni singolo produttore è valutare quale sia il giusto ruolo da ricoprire all'interno della filiera del contract. Si può essere un terzista e specializzarsi nella realizzazione di un determinato prodotto, oppure diventare un interior contractor specializzato nel coordinamento di diversi fornitori per un'unica commessa, oppure ricoprire altri ruoli chiave per i processi contract.

Secondo la tua esperienza, quali saranno i prossimi mercati su cui investire?
Certamente le maggiori possibilità di business saranno create attorno ai mercati emergenti che propongono modelli lontani anni luce da noi, come ad esempio, quello delle megalopoli. I grandi progetti si svolgono ormai al di fuori del nostro paese e fuori dall'Europa, soprattutto in quei paesi ancora in fase di sviluppo, dove il modello retail non riesce ad affermarsi e un perfetto esempio è (e sarà sempre più) l'Africa. Tra qualche anno, chi già oggi ha iniziato ad intrecciare relazioni con questi paesi, potrà goderne i frutti.
E molto spesso, l'unico modo possibile per penetrare in questi mercati è l'aggregazione di imprese: riunire sotto un unico tetto una serie di saperi e di forze commerciali per andare a bussare agli interior contractor stranieri.

Quindi si svolgerà tutto al di fuori del Vecchio Continente?
Al contrario, per quanto riguarda il mercato Europeo, il contract si sta sviluppando in specifiche aree, soprattutto in quella dell'hotellerie, dove stanno crescendo gli investimenti. Addirittura, per quanto riguarda il solo mercato italiano, le previsioni parlano di investimenti di circa 600.000.000 € nel corso del solo 2013. Da non dimenticare anche gli investimenti che le grandi real estate dovranno fare sulle proprietà immobiliari (soprattutto uffici), in ottica di rimodernamento e di interventi mirati a rianimare un mercato attualmente in profonda crisi. Diciamo che dal punto di vista del mercato contract c'è la possibilità di generare molte opportunità di
business
e molti progetti sono in via di definizione. Ma sicuramente c'è ancora tanto lavoro da fare.