Dibattito #2: Per un Nuovo Rinascimento Italiano

interventi –

La pubblicazione dell’intervento di Gabriele Centazzo, ripreso da Ambiente Cucina sul numero scorso, ha aperto un dibattito sui temi cruciali evidenziati dall’imprenditore. Pubblichiamo alcuni commenti che ci sembrano particolarmente significativi

Denise Archiutti
-Member of the Board and Group Controller Veneta Cucine

Ho letto l'articolo di Gabriele Centazzo con
grande attenzione. Mi piace l'idea che un imprenditore alzi la testa e trovi
l'entusiasmo e la voglia di fare un accorato appello al suo paese proprio in un
periodo in cui c'è un giustificato pessimismo generale, data l'oggettiva e
difficile congiuntura economica e politica che stiamo attraversando.

Credo sia largamente
condivisibile il richiamo all'etica e anche all'individuazione degli asset sui
quali l'Italia deve puntare per ripartire. La domanda 'ma dove vanno tutti quei
soldi?', riferendosi alle tasse sulle imprese è davvero calzante: è il vero problema
dell'Italia. Così vero che è sentito in larga parte da tutti in una nuova
consapevolezza: c'era una volta la contrapposizione imprenditore/padrone e
lavoratori/dipendenti; ora questa contrapposizione non ha senso perché l'azienda è il bene comune, è il bene degli
uomini che ogni giorno la vivono e la difendono.

Sono cresciuta in
un'azienda che questa cosa me l'ha sempre fatta percepire, tutti hanno passione
per quello che facciamo, per la produzione di belle cucine che abitano l'Italia
e ora il mondo. Penso sia bello lavorare in un'impresa con obbiettivi
condivisi, ancora di più sarebbe vivere in un paese che capisce che le imprese
vanno sempre difese e incoraggiate. Anche perché non penso che potremo vivere
tutti, anche se sarebbe bello, di arte e cultura, di turismo e agricoltura
biologica.

I segnali purtroppo
non vanno quasi mai in questa direzione. Un
tessuto produttivo eccezionale come quello italiano, senza pari al mondo, viene
spesso mortificato da un apparato di stato centrale, regionale e provinciale
che è cresciuto al punto da rendere inevitabili certe derive.

Ed è altrettanto vero
che questo problema di 'apparati' non riguarda solo la politica ma a volte
tante organizzazioni e associazioni di categoria. Per dimensione e
autoreferenzialità si finisce a costruire tante e troppe sovrastrutture che
vanno nella direzione opposta rispetto agli obiettivi di partenza: combattere
la burocrazia, sveltire i processi decisionali, investire nella ricerca e nelle
idee che ci fanno vedere strade nuove.

Però penso
anche, e in questo mi permetto di discostarmi dall'idea di Centazzo, che il
sistema si debba combattere dall'interno. L'imprenditore che ha voglia ed idee
deve portarle nella 'sua' associazione, deve sapersi imporre all'interno delle
organizzazioni esistenti, denunciando magari anche quello che non va,
altrimenti è proprio vero che non siamo capaci di fare sistema
.
Non c'è da reinventare
la ruota, le organizzazioni sono fin troppe e non servono nuovi movimenti:
proviamo a trasformare quello che c'è. Nei periodi di malcontento la delusione
è fattore aggregante; sono tante in Italia le persone etiche ed oneste,
competenti e capaci. È dal coro unito delle loro voci, delle nostre voci, che
può partire il cambiamento”
.

Patrizia
Copat - direttore marketing Copat

Personalmente credo che
Gabriele Centazzo abbia dato voce, in modo “educato e chiaro” ad un malessere
che coinvolge quasi tutta la classe imprenditoriale italiana. Se dico 'quasi
tutta' è perché per una certa parte degli imprenditori le cose vanno bene così
come sono oggi…

Lo
stesso ragionamento vale anche per quella parte della popolazione che vive di
opportunismo, magari svolgendo la propria attività lavorativa nell'ambito di
organismi o strutture dove la produttività e l'innovazione non sono ritenuti
necessari e oggi possiamo dire vitali.

Non è
certo questa la parte del nostro Paese che si ritroverà nelle parole di
Centazzo, ma è una fetta importante di popolazione della quale dobbiamo tenere
conto in tutti i nostri progetti di cambiamento, dalla quale non potremo
aspettarci un grande contributo a meno che non vengano bruscamente interrotti i
benefici ed i privilegi di cui oggi godono.

Non
posso peraltro che condividere la posizione di Centazzo quando denuncia
l'inadeguatezza di gran parte della classe politica (vedo e voglio vedere il
bicchiere mezzo pieno!) e anche delle stesse associazioni di categoria che per
sostenere le sfide che l'impresa italiana deve affrontare quotidianamente
devono obbligatoriamente cambiare; la mia azienda ha comunicato la propria
disdetta alla federazione.

Non è
stata una decisione istintiva ma il frutto ponderato di un'attenta riflessione
e, vista la mia personale esperienza maturata nel ruolo di Presidente del
Gruppo Cucine, oserei dire anche consapevole.

Tanta è
la nostalgia che provo per quel recente passato, quanta è l'amarezza nell'aver
preso coscienza che il 'sistema' è talmente radicato e basato su interessi di
parte che il 'gioco di squadra' è
un'illusione
.

Sono in
linea con Centazzo quando afferma 'spazio alle nuove
generazioni, che, con la loro creatività, devono reinventarsi il futuro
' ma anche attingendo dalle esperienze
delle passate generazioni che possono e devono affiancare e non guidare il
nuovo percorso.

Credo
però che questo debba essere un percorso
da intraprendere nell'immediato
. La situazione è talmente grave che non ci
possiamo permettere ulteriori ritardi nell'assumere decisioni importanti”
.

Gianni Marcarino -
Marcarino Arredamenti

Le parole d'ordine sono quindi:
essere, fare, avere, condividere; cioè pensare, agire, raccogliere i frutti del
proprio operato e poi condividere i risultati ottenuti attraverso le cose
materiali ma anche le informazioni, la conoscenza.

Questo metodo operativo
dovrebbe sostenere, eticamente, le attività che sappiamo praticare meglio e che
possiamo inoltre permetterci di fare bene. Sono la cura della creatività, intesa come invenzione e la cura della
bellezza che già ci appartiene storicamente come eredità del passato e che
possediamo ancora nel nostro DNA
.

Tutto questo attraverso
la valorizzazione della PMI, dell'artigianato ed il recupero della funzione
formativa della scuola.

Sono d'accordo sui
principi, sul metodo e con le esortazioni di Gabriele Centazzo. Segnalo però
che occorre superare la diffidenza che
da quasi due secoli separa l'industria dall'artigianato, la produzione di serie
dalla piccola produzione o del pezzo unico.

La guerra combattuta da
Ruskin e Morris contro la macchina industriale ha portato i fautori di
un'umanità preservata contro la prevaricazione dei grandi numeri, a ritenere
fosse giusto chiudersi in piccole realtà culturalmente isolate ed a osteggiare
l'innovazione data dalla ricerca industriale. Il risultato è stato l'isolamento
ed è mancata così una voce importante, quella in difesa del valore individuale,
nel dialogo con la grande produzione che, nel bene e nel male
è diventata la protagonista del nostro '900.
Credo che oggi si debba
quindi puntare alla costruzione di qualità nel prodotto e nella vita in
generale, selezionando quello che di buono possono dare i singoli, le piccole
società e le grandi industrie, senza preclusioni ideali.

Per il nostro paese la ricerca
della qualità è certamente la giusta medicina e abbiamo la possibilità di
assumerla proprio ora che la crisi ci ha aperto ancora di più gli occhi sulle
cose che non funzionano e devono cambiare.”