IKEA pubblica il “Life at home Report 2017”: la casa è un piccolo campo di battaglia

La casa è il luogo delle piccole battaglie quotidiane: dalle discussioni per i propri spazi al legame affettivo con gli oggetti. Lo dice il "Life at home Report 2017" di IKEA

IKEA ogni anno conduce un'analisi internazionale volta ad indagare i cambiamenti nell'atteggiamento delle famiglie verso il vivere lo spazio domestico.
La vita in casa non è sempre semplice. La relazione con spazi, persone e oggetti è alla base di piccole battaglie quotidiane che ciascuno si trova ad affrontare: rivendicare il proprio spazio, gestire il rapporto con le “cose” altrui, bilanciare l’esigenza di ordine con la difficoltà a separarsi dagli oggetti a cui siamo legati, è talvolta complesso e fonte di stress e ansia.
La metodologia dell’indagine è un mix tra quantitativa e qualitativa-psicologica: agli intervistati sono stati indicati alcuni temi che hanno riportato i risultati strategici alla mission dell’Azienda.
L’analisi è stata condotta su 22.000 persone, tra i 18 e i 65 anni, in 22 Paesi nell’arco di 6 mesi: 54 home visit, 5.000 conversazioni online, 874 ore d’incontri, ascolto dei social media, 12 settimane con 18 “home pioneers”, persone che vivono la casa in modo inusuale e originale…bevendo oltre 24 differenti tipi di the.

In IKEA lavoriamo ogni giorno per essere leader nel Life at home. Partendo da una conoscenza approfondita del nostro range di prodotti e soluzioni e raccogliendo spunti e suggerimenti dal cambiamento delle abitudini dei nostri users, impariamo a cambiare in modo costruttivo il nostro punto di vista”  dichiara Alessandro Testa, Country Communication & Interior Design Manager  “Siamo fatti per cambiare così come cambiano i nostri users ogni giorno ed in ogni parte del mondo”.

Ecco le principali evidenze emerse.

Voglio il mio spazio!

Dalla ricerca emerge come la casa sia un “campo di battaglia”, in cui il rapporto con le altre persone è spesso fonte di discussione: 1 confronto su 6 nasce quando qualcuno invade il nostro spazio. In casa ogni spazio (stanza / sedia / oggetto) ha un suo “proprietario” che ne esprime l’identità: “guardo un film sul mio lato del divano”, “il garage di papà”, “a tavola il mio posto è quello”, “la Tv l’ho comprata io”.
L’invasione del proprio spazio è talvolta fonte di stress e aggressività, ma reclamarlo non è semplice: il 42% ha ammesso di non avere il coraggio di farlo. Questo accade maggiormente quando si vive in situazioni non convenzionali, ad esempio in casa d’altri senza pagare l’affitto, o con sconosciuti.
Al contrario, rivendicare limiti e confini, provoca sentimenti positivi: calma per il 40%, felicità per il 26%, sollievo il 27% e eccitazione per il 12%.
Ma la sfida più dura da affrontare è trasferirsi nella casa di qualcun altro: il 44% degli intervistati ritiene addirittura sbagliato rivendicare i propri spazi quando ci si trasferisce, una percentuale che sale al 71% per gli indonesiani, al 59% per i filippini e indiani, mentre in fondo alla classifica troviamo tedeschi e danesi con il 27%.
Da una parte, infatti, c’è la necessità di rispettare lo spazio di chi lo occupa dall'origine, dall'altra la difficoltà di “sentirsi a casa” di qualcun’altro.
Il più comune luogo dei conflitti in casa è il soggiorno, dove litiga il 46% degli intervistati: una zona fluida in cui gli spazi personali si confondono, in cui è difficile stabilirne i confini. Le case sono sempre più piccole, il soggiorno si trasforma da quella che era la classica zona TV ad una stanza adatta ad accogliere esigenze diverse e spesso contrastanti.
In controtendenza l’Italia, in cui la cucina si conferma cuore della casa: è qui che il 56% degli italiani discute maggiormente.

Case troppo piccole, case troppo piene!

La ricerca, inoltre, mette in luce come una delle maggiori cause di stress è l’eccesso e l’accumulo di oggetti nelle nostre case: ambienti sempre più ridotti, in cui è necessario razionalizzare gli spazi, ordinare gli oggetti e spesso buttarli. Un’azione non facile, il nostro legame con gli oggetti è spesso emozionale e va oltre la funzionalità.
La condizione di “case troppo piccole, case troppo piene” comporta inevitabili discussioni sulla diversa concezione di ordine e disordine. Ad ammetterlo è il 50% degli intervistati: una percentuale che sale al 62% nelle Filippine e al 59% di Indonesia e Malesia, mentre Giappone e Danimarca si collocano tra i paesi meno litigiosi con il 34%. Riordinare ed eliminare oggetti accumulati dà, invece, sollievo al 44% delle persone, provoca stress nel 23%, ed è fonte di felicità per il 22%.
Dall'analisi sull'Italia emerge una spaccatura netta: la metà degli intervistati associa sentimenti positivi al riordinare e al disfarsi degli oggetti, per l’altra metà sono fonte di stress e emozioni negative.

Odio le tue cose!

“Odio le tue cose” riflette la sfida di vivere con gli oggetti di qualcun altro quando gusti, esigenze e abitudini sono diversi. Il 40% odia alcuni oggetti presenti in casa, ma non può buttarli in quanto appartenenti ad un’altra persona. Sempre la stessa percentuale ha ammesso di aver gettato oggetti altrui di nascosto. 1 su 10 lo fa addirittura deliberatamente per infastidire l’altro! La classifica dei “buttatori seriali” vede i primi posti occupati dall’Asia con Filippine, Singapore e Tailandia, mentre i più tolleranti sono danesi, giapponesi e tedeschi. Vestiti, suppellettili, chincaglierie e cosmetici sono le categorie di cose più frequentemente buttate.
Per quanto riguarda l’Italia, il 49% sostiene di aver buttato via oggetti di proprietà altrui, con un picco a Milano in cui la percentuale sale al 62%. Inoltre, 4 italiani su 10 hanno ammesso di aver gettato cose di altri di nascosto, mentre 1 su 10 nasconde i propri oggetti per evitare che siano usati o toccati da altre persone.

Cambio tutto! O forse no.

Le case si evolvono e cambiano a seconda delle fasi della vita e delle tendenze. Molte persone si sforzano di raggiungere l’obiettivo della casa “finita”, ma i loro bisogni e sogni si modificano nel corso degli anni: la casa non è mai compiuta.
Cambiare non sempre è semplice. Il 21% degli intervistati ha paura di affrontare il nuovo e di non riuscire a concludere i lavori, il 26% desidera realizzare i cambiamenti in una sola volta, ma non ha l’energia di farlo.
In questo, gli italiani risultano il popolo più intraprendente: solo il 12% non apporta modifiche o ristrutturazioni pur di non sostenere lo sforzo. Tra le principali motivazioni che ostacolano i cambiamenti ci sono la mancanza di spazio, lo sforzo economico e l’impossibilità di effettuare interventi, come ad esempio accade quando si è in affitto.